Emma Goldman, l'amore libero, e il problema del dominio

Mentre leggevo di Bertha Thompson e verificavo che il libro citato in questo post era stato scritto da lei e Ben Reitman, mi informavo su quest'ultimo e sul suo rapporto con la Goldman - attivista che amo molto per diverse ragioni tra le quali la posizione sul sesso e sull'amore che promosse come femminista ante-litteram.

Su Anarchopedia, infatti, troviamo scritto che "oltre alla specifica propaganda dell'ideale anarchico, Emma Goldman tenne diverse conferenze sull'emancipazione della donna, sull'amore libero, sull'uso dei contraccettivi ed il controllo delle nascite [...]. Emma Goldman tentò di tradurre in pratica tutto il suo ideale teorico e le sue aspirazioni libertarie, spesso scontrandosi con gli stessi anarchici e con il loro «istinto maschile di possesso, che non vede altro dio all’infuori di se stesso»".

Accidenti! Quanto aveva ragione: io stessa, ancora oggi, in uomini pur meravigliosamente attivi sul fronte della parità dei diritti uomo-donna, talvolta vedo - in battutine, leggerezze, scelte terminologiche o prese di posizione rispetto ad attività o atteggiamenti pratici del quotidiano - palesarsi questa concezione di sé come se fosse inscritta nel loro DNA!
E quanta rabbia mi provocano! Ma perché? Perché?

"La Goldman sosteneva «l’impossibilità per l’amore di esistere quando è imposto e non è libero» [...]. «La storia - scriveva la Goldman - ci ha insegnato che ogni classe oppressa ha ottenuto la sua liberazione dagli sfruttatori solo grazie alle sue stesse forze. È dunque necessario che la donna apprenda questa lezione, comprendendo che la sua libertà si realizzerà nella misura in cui avrà la forza di realizzarla. Perciò sarà molto più importante per lei cominciare con la sua rigenerazione interna, facendola finita con il fardello di pregiudizi, tradizioni ed abitudini. La richiesta di uguali diritti in tutti i campi è indubbiamente giusta, ma, tutto sommato, il diritto più importante è quello di amare e di essere amata. Se dalla parziale emancipazione si passerà alla totale emancipazione della donna, bisognerà farla finita con la ridicola concezione secondo cui la donna per essere amata, moglie e madre, debba comunque essere schiava o subordinata. Bisognerà farla finita con l'assurda concezione del dualismo dei sessi [...]»".

Parole sante! Possibile che il genere maschile ancora non riconosca i pregiudizi insiti in certi atteggiamenti e comportamenti che gli vengono naturali (sarà questo il problema? la mancanza di autoriflessività rispetto al proprio genere?) e non abbia capito che la solidarietà, l'altruismo e la complicità possono portare benefici ben maggiori di quelli della rivalità e del dominio?

Rispetto al rapporto tra Reitman e la Goldman, nella biografia sempre su Anarchopedia di quest'ultimo troviamo ancora scritto che "entrambi si fanno portatori dell'amore libero, ma il rapporto tra i due si incrina perché lui ha molte amanti. La Goldman no. Lei è molto gelosa, si sente addirittura schiava di quest'amore: «Non ho il diritto di portare un messaggio agli altri quando non c’è messaggio nella mia anima. Non ho il diritto di parlare di libertà poiché sono diventata una schiava abbietta in amore» (Lettera di Emma Goldman a Ben Reitman, 1909)" e che "alla fine Reitman decide di risposarsi quando una delle sue tante amanti rimane incinta. I due anarchici pongono definitivamente fine alla loro relazione nel 1917, dopo l'uscita di Reitman dal carcere".

Bene, abbiamo l'autoriflessività, dalla parte della Goldman, rispetto ai propri limiti. Sente un innamoramento che è diventato dipendenza, e quindi subordinazione e schiavismo. Sarebbe interessante leggere entrambe le bibliografie per capire bene la realtà di questo rapporto, sebbene non sempre ai protagonisti (e parlo degli esseri umani in generale quando impostano un rapporto sulle medesime premesse dei nostri due) - quando ci sono dentro - sia così chiaro. E sarebbe anche da capire se Reitman si sia sposato prima o dopo la rottura definitiva con la Goldman. Dove però questa avviene dopo l'uscita dal carcere di lui (1917) e anche qui vorrei sapere chi dei due l'abbia conclusa, a meno che non fosse consensuale. Ma perché lui si sposa con un'altra persona quando era un paladino dell'amore libero e dei diritti dell'individuo al di là delle convenzioni sociali qual è anche e in somma misura il matrimonio? Non sarebbe stato più utile usare la propria condizione per portare avanti un altro modello e quelle medesime battaglie?

Mah, mi mancano troppe informazioni per esprimermi. Mi rincuora vedere però che quelle medesime problematiche della nostra condizione umana concreta e quotidiana attanagliavano pure costoro - al di là delle conquiste e delle lotte ancora oggi per noi di così potenziale intensa ispirazione.
Proviamo allora a cogliere l'occasione per rifletterci sopra a lungo, rispetto al modo di porci verso l'altro genere e prima di fare qualsiasi scelta relazionale o dopo che l'abbiamo fatta - ché "errare è umano, perseverare è diabolico", e non fa bene a nessuno/a stare in rapporti di dominio.
Ovvero in  prigione ;-)


Commenti

Ernest ha detto…
hai detto bene "i rapporti di dominio" sono il punto fondamentale di tutto. Purtroppo ogni giorno abbiamo le prove
un saluto
sabrinamarea ha detto…
I libri di Emma Goldman mi stanno molto a cuore, condivido il suo pensiero e provo tantissima stima nei suoi confronti. Mi fa tanto male constatare che ancora oggi le discriminazioni contro noi donne sono tantissime (io purtroppo le ho vissute con mio padre e non solo, in prima persona), benchè molte di noi non se ne accorgano o facciano finta di non accorgersi.I viaggio verso la giustizia è lunghissimo e duro ma non possiamo delegare agli uomini il cambiamento, non ne ravvisano l'utilità, dobbiamo essere noi a volerlo, partendo dalle piccole cose, nei rapporti di tutti giorni e a costo di dover pagare con la solitudine.
Minerva ha detto…
@sabrinamarea: buongiorno. Sì, hai veramente ragione, gli uomini non se ne rendono neanche conto. E spesso oscillano nei propri comportamenti verso il genere femminile tra machismo e paternalismo, e quando facciamo loro notare che il secondo è solo espressione diversa della medesima presunzione di superiorità, si risentono. Dovremo metterci noi la determinazione per promuovere il cambiamento, e farlo con intelligenza, impegno e costanza, esattamente con le (apparentemente, ma di potenziale grande portata su lunghi periodi) azioni che tu dici.