La gattaviva [racconto]
Fasciate dentro stivali alti, le gambe mi reggono a stento. Dicono che il modo in cui una donna cammina – se lo si sa interpretare – può svelare se abbia appena fatto l’amore. A me basterebbe guardarmi in faccia, con questo aspetto languido. Però sì: se uno fosse in grado di decifrare l’andatura, sarei sicuramente un libro aperto, e forse si potrebbe anche determinare con quanta intensità abbia vissuto il rapporto.
Sto tornando a casa dopo aver passato la notte da un uomo con cui ho fatto l’amore, e poi aver aspettato che si facesse mattina presto dormicchiando tra le sue braccia. Quando mi capitano queste notti, so che il giorno successivo sarà sempre foriero di sensazioni e pensieri intensi.
Mi piacciono gli uomini con la muscolatura di braccia e gambe allungate – free climber, sciatori, quelli che praticano arti marziali – le cui vene delle braccia risaltano sulla superficie della pelle quando stringono il pugno. E tu hai quel corpo.
Ti so riconoscere anche di spalle – quando chinato sul tavolo da biliardo segni il tuo colpo preciso, e io vedo solo le tue gambe e il tuo sedere in comodi pantaloni che, nonostante la morbidezza, mi fanno ancora percepire le tue forme. E rido da sola, nel momento in cui verifico che la mia ipotesi che si tratti di te – priva di qualsiasi fondamento se non la memoria delle mie mani che mesi orsono stringevano le tue natiche durante l’amplesso – è corretta.
Talvolta ti cerco, tra i clienti del club in cui ci siamo conosciuti. Cerco i tuoi occhi verdi da gatto selvatico, quelli che una tua ex – mi dicesti – aveva invece definito ‘da serpente’. Lo diceva sprezzante, ma per me tu non sei questo. In ogni caso, essere fissata da un serpente con occhi verdi che mi sta sopra e mi entra dentro con forza a me non dispiace affatto. E cerco il tuo modo di ridere spontaneo e un po’ timido – tu che dici di non prendere nulla sul serio, neanche te stesso, mentre sei una delle persone più serie che abbia mai conosciuto.
Alla fine, se ti incontro, so che un po’ di tenerezza, tensione e complicità ce la giocheremo ancora insieme – sebbene sia chiaro a entrambi che sarà comunque qualcosa di estemporaneo. Ma in questo periodo ciò mi basta.
Nell’aria fredda del mattino, le mie gambe sono riparate solo dai pantaloncini corti. Non ho mai voglia di rivestirmi seriamente quando sguscio nuda fuori da un letto caldo e mi allontano dalla mano che fino a quel momento titillava le mie labbra e il mio clitoride per svegliarmi nel piacere. E lo ammetto: mi piace l’aria che si insinua tra le cosce provocandomi automaticamente una piccola contrazione – quel tanto che basta per eccitarmi di nuovo un po’.
“Avrei voluto chiamarti, ogni tanto chiamo le persone giusto così, per sapere cosa fanno” – so che lo faresti proprio per una qualche vaga curiosità, mi hai insegnato che sono poche le cose nelle quali credi fino in fondo e il preoccuparti troppo degli altri non è una di queste.
“Poi non l’ho fatto, tanto mi sono detto che magari ti avrei trovata qui”.
Lo vedo che mi stai studiando. Che mi osservi occhi, viso, capelli. Sì, sono cambiata parecchio dall’ultima volta, mesi fa.
Con te ho imparato alcune cose importanti: prima di tutto a essere spontanea – anche se questo dovesse risultare duro e offensivo per gli altri in alcuni momenti – e poi a seguire e proteggere prima di tutti me stessa, e ciò che desidero in un certo momento. Non riesco molto a fare tutto questo normalmente – il senso di colpa è una brutta bestia – ma con te so che posso comportarmi così e che non ci sarà alcuna recriminazione da parte tua, e questo mi fa stare così bene!
Mi dici del lavoro che ormai un po’ ti annoia, io ti parlo del mio in cui come sempre tiro a fare poco, a guadagnare molto, ma soprattutto a divertirmi. Abbiamo queste conversazioni assurde che spaziano tra argomenti diversi e altrettanto diversi livelli di riflessività. Mi dici che odi questo clima che ancora non si decide a essere freddo sul serio, e io ti racconto del mio ultimo uomo.
“Vuoi parlarmene?”.
Conoscendoti, ho rilanciato: “Ti interessa sul serio oppure è tanto per parlare di qualcosa?”.
Il tuo lapidario “Cinquanta e cinquanta” di risposta mi convince a costruire una frase di due righe per raccontarti in sintesi nove mesi di sogni e la loro fine. “Pensavo fosse ‘quello della mia vita’ e invece non solo non è andata così, ma mi ha anche tirato a distruggere completamente come persona”.
Le tue parole di commento sono intelligenti, sensate. Mi riportano in pace, e fanno questo con assoluta semplicità, dopo settimane di inaudito e inenarrabile dolore.
I vestiti della sera prima si sono impregnati del sudore e dei miei orgasmi quando li ho indossati stamane. Per strada respiro a pieni polmoni. Mi guardo intorno: c’è chi porta a spasso il cane, chi compra il giornale. Poche auto, tanto silenzio e la classica rarefazione autunnale.
Godo del mio essere ‘fuori luogo’. Mi sento emanare il profumo acre del sesso appena fatto, e mi piacerebbe che tutti lo sentissero e sentissero quanto è intenso e buono. E mi piacerebbe che tutti lo cercassero, a loro volta, nelle loro vite – perché questi odori e queste sensazioni danno stabilità e tranquillità, pacificano con l’esistenza e il mondo che ti circonda.
Mi stai sempre studiando…
“Stai bene con i capelli così. Perché hai preso la decisione di tagliarli?”.
“Uhm… Intanto perché così non si annodano… e poi perché in certi ‘momenti’ sono più ‘funzionali’…” e sorrido maliziosamente. Non c’è bisogno di molte parole, tra noi. Ti brillano gli occhi – so già che ti stai vedendo la scena. Quando stavo con te li avevo lunghi fino a metà schiena. Ora sono lunghi tre/quattro dita e spettinati – lasciati così come vogliono stare.
Tu mi passi la mano sulla nuca, per poi far correre le tue dita sulla mia colonna vertebrale, e io mi lascio andare che ne ho voglia. Sono così stanca di stare male!
Miagolo e rido – tra i tanti personaggi da interpretare per gioco, posso essere anche una gatta. Una ‘gattaviva’ però – mai una gattamorta. Una persona appassionata, complice dei miei amanti.
Più tardi, quando mi porti a casa tua, il tempo si ripiega su se stesso. Mi tieni sotto di te quanto ti basta per spogliarmi, e baciandomi contempli e accarezzi qualche secondo il mio corpo nudo.
Poi mi giri subito di schiena, scavi nelle mie piccole labbra con le dita, e mi prendi da dietro mentre io sto scivolando nell’incoscienza. Quando li apro, i miei occhi socchiusi percepiscono il nostro riflesso nello specchio interno dell’armadio, la cui anta è rimasta aperta.
Io e te: due animali che si montano. Il profilo della mia testa, del mio collo, del mio seno, e sopra è la linea della schiena che curva sul sedere e continua sulle gambe fino ai piedi.
Ho sempre pensato che questa posizione fosse squallida e invece – guardandomi – mi vedo così bella! Le tue dita corrono di nuovo sulla mia colonna vertebrale, mentre sempre più intensamente mi entri dentro.
Degli specchi tu te ne freghi, guardi me direttamente. Io invece fisso quell’immagine. La tua mano raggiunge i miei capelli, e me li tira quanto basta per farmi inarcare la schiena, e darmi ancora più dolore e più piacere. Poi non vedo più nulla e ti sento solo più ridere soddisfatto quando mi senti venire.
Mi risalgono i brividi nel momento in cui rivivo la scena, mentre attraverso le strade che separano le nostre case. Entro in una torrefazione, ordino un caffè macchiato, un marron glacé e prendo il quotidiano a disposizione dei clienti: in queste mattine successive a notti di sesso e amore non vorrei mai staccarmi dal piacere e prolungo in ogni modo l’immersione nella fisicità dei sensi.
I miei occhi scintillano. Il mio corpo emana calore.
Guardo fuori dalla vetrina, e penso che sì, sono felice. Non ho più paura dell’arrivo del freddo, anzi, lo attendo con ansia – attendo con ansia ed eccitazione che in mattine come questa l’inverno mi porti dalle montagne l’odore della neve.
Commenti
Non è detto che ogni volta trovi le parole per commentare, però sappi che da qualche parte di questo porco mondo c'è un gatto che ti ha letto e che ti leggerà.
(Il 'porco' citato non riguarda questo post, sia chiaro: questo tuo racconto è poesia, poesia dell'amore, quello giusto, quello vero, quello unico. Mi piacque assai assai assai).
Grazie infinite per le tue parole, spero di continuare a darti piacevoli atmosfere e sensazioni!
Mmmeeeewwwwww :-D
the passenger, per me al numero 27 delle migliori canzoni di tutti i tempi...
Comunque è un racconto: e pertanto per me non fa alcuna differenza che sia accaduto realmente, che abbia rielaborato una mia o altrui esperienza reale, che sia un profondo desiderio o che m'abbia ispirato una musica o un film. E' semplicemente un racconto :-)