Gene Sharp, rivoluzioni non violente e orchidee
Tra i film fuori concorso all'ultimo Festival dei Popoli, ho avuto il piacere di poter assistere alla proiezione di HOW TO START A REVOLUTION, documentario d'esordio del regista inglese Ruaridh Arrow sulla figura e il lavoro di Gene Sharp.
Sconosciuto ai più, quest'uomo apparentemente mite e sicuramente modesto, che s'è meritato l'appellativo di "Clausewitz della guerra nonviolenta", è il fondatore dell'Istituto Albert Einstein, organizzazione no profit per lo studio e l'uso di strategie d'azione non violenza nei conflitti nel mondo, nonché l'ispiratore di quelle che i media hanno chiamato con molta superficialità 'rivoluzioni colorate' - mancando per l'ennesima volta l'occasione di uno sguardo più approfondito alla istanze di intere popolazioni e alle modelità di liberazione non violenta da quelle che nella maggior parte dei casi erano vere e proprie dittature.
Il film, finanziato con la strategia del crowdfunding ovvero la libera sottoscrizione da parte di cittadini di tutto il mondo di un progetto proposto da un autore, ci presenta le rivoluzioni recenti che hanno spodestato tiranni in giro per il mondo con la forza di 198 tecniche elaborate da Sharp - sulla base dell'osservazione ripetuta di diverse rivoluzioni nel mondo - che sono vere e proprie 'armi non violente' capaci di distruggere un sistema in quanto ne fanno crollare i pilastri che lo sorreggono, sebbene ovviamente vadano adattate di volta in volta al contesto locale. Se avete piacere di leggere di tali tecniche (e io ve lo consiglio vivamente proprio per diventare noi stessi più forti e consapevoli rispetto a ciò che facciamo mentre stiamo lavorando nella direzione di 'cambiare un modello e un sistema') qui trovate il volume che le contiene, gratuitamente scaricabile e in italiano: Politica dell'azione non violenta.
Mentre le immagini scorrevano, mi sono venute in mente due riflessioni che condivido con voi. In un passaggio quasi alla fine del film, Sharp incontra un giovane rivoluziario del movimento che ha portato alla liberazione mi pare dell'Egitto da Mubarak; nel rileggere insieme gli eventi che si riferiscano alla 'cacciata' di quest'ultimo, Sharp fa notare al giovane che i rivoluzionari hanno sbagliato perché non sono andati sino in fondo, ma si sono fermati nel momento in cui hanno visto il dittatore vacillare in seguito alla loro azione.
Così facendo, essi a) non hanno fatto cadere il sistema che lo sorreggeva e b) gli hanno dato un'alternativa - quella della fuga, permettendogli però di continuare a esercitare il potere continuando con i suoi sostituti e i suoi fedelissimi a far pesare la propria presenza, forte inoltre dei pilastri politici ed economici che ancora possono mantenere il sistema. Quindi, sostanzialmente, la rivoluzione è fallita, non ha intaccato la base del sistema.
E noi che in Italia non abbiamo neanche cacciato personalmente il Presidente del consiglio come cittadini, ma è caduto per via della pressione dovuta ai mercati internazionali? C'è materiale su cui riflettere...
Così facendo, essi a) non hanno fatto cadere il sistema che lo sorreggeva e b) gli hanno dato un'alternativa - quella della fuga, permettendogli però di continuare a esercitare il potere continuando con i suoi sostituti e i suoi fedelissimi a far pesare la propria presenza, forte inoltre dei pilastri politici ed economici che ancora possono mantenere il sistema. Quindi, sostanzialmente, la rivoluzione è fallita, non ha intaccato la base del sistema.
E noi che in Italia non abbiamo neanche cacciato personalmente il Presidente del consiglio come cittadini, ma è caduto per via della pressione dovuta ai mercati internazionali? C'è materiale su cui riflettere...
La seconda considerazione tira in ballo invece Victor Turner, antropologo che elaborò la teoria del dramma sociale - modello che ben può spiegare le rivoluzioni e le proteste in corso nel mondo. Nella terza fase, quella di sospensione delle regole di un sistema politico-sociale e della libera sperimentazione di modelli alternativi per una società, sono contenute le premesse della società futura. Ne parla anche Alain Badiou in un articolo che postai qui alcuni mesi orsono.
Ecco, vi sono situazioni che possono fare paura, perché improvvisamente si sente il vuoto politico, e si ha il terrore di un esito negativo. Ma se creassimo le condizioni per quella sperimentazione, o ci prendessimo gli spazi per vivere un'alternativa di sperimentazione nelle nostre vite quotidiane e con coloro con i quali siamo in relazione, forse potremmo capire cosa fare e come ridiventare protagonisti delle nostre vite in relazione con gli altri, creando davvero quella nuova e diversa società futura che vogliamo. Pensiamo anche a questo.
Ecco, vi sono situazioni che possono fare paura, perché improvvisamente si sente il vuoto politico, e si ha il terrore di un esito negativo. Ma se creassimo le condizioni per quella sperimentazione, o ci prendessimo gli spazi per vivere un'alternativa di sperimentazione nelle nostre vite quotidiane e con coloro con i quali siamo in relazione, forse potremmo capire cosa fare e come ridiventare protagonisti delle nostre vite in relazione con gli altri, creando davvero quella nuova e diversa società futura che vogliamo. Pensiamo anche a questo.
Ah, le orchidee? Gene Sharp le coltiva con amore, dedizione, tempo e pazienza. Non si sa mai se diventeranno abbastanza forti da riuscire a vivere. E' una scommessa, e l'unica cosa che possiamo fare è decidere se vogliamo giorno per giorno dedicarvi la cura necessaria a cercare di farle crescere e sbocciare.
Commenti
In Italia per esempio non è cambiato nulla a parte la facciata
In Italia non c'è stata alcuna rivoluzione, neanche accennata - e siamo distanti anni-luce dalla possibilità d'un cambiamento, così come abbiamo fallito sulla prima cosa fondamentale - ovvero la capacità di fare fronte comune come vari attori della società civile contro il medesimo sistema che ci opprime. E sull'uso della nostra intelligenza e di strategie più raffinate del reagire con stupida e inutile violenza a stupida e inutile violenza. Io voglio pirati informatici o broker finanziari a paralizzare il sistema - persone che usino queste competenze-chiave in modo *positivo*, umano, solidale, e anticapitalista. Intelligenza/competenza/preparazione/determinazione - non attitudine a menare le mani. Perché oltretutto, quando fai così e giustifichi questo, non esci dalle regole dettate dai tuoi nemici, e quindi - di fatto - non cambi nulla.
Custodisco ed utilizzo spesso i primi due volumi editi dal gruppo Abele.
Ora spero di vedere il film....grazie per il suggerimento.
"Il popolo, il popolo è il solo creatore della storia universale", dice Badiou; come non essere d'accordo.
L'attuale e drammatico momento storico, a me, pare abbia in sè i semi delle orchidee, un pathos paragonabile a quello che ha animato le grandi rivoluzioni storiche; un pathos, tuttavia, non ancora affiorato nelle coscienze di molti, e di noi italiani men che meno. Mi domando se occorra vivere sotto un regime violento, totalitario e liberticida per alzare la testa. Non è sufficiente essere diventati schiavi di questo sistema? Per me lo è.
Se le forze dell'ordine ti picchiano, non puoi rimanere con le mani in mano. Se picchiano il tuo amico, il tuo fidanzato, tuo figlio o se picchiano uno sconosciuto non puoi fare finta di niente.
Io spero che un sistema possa essere cambiato senza la violenza ma non vedo nessun Gandhi almeno in Italia e soprattutto non vedo un numero cospicuo di persone CIVILI disposte a rinunciare ciascuna a qualcosa pur di cambiare il sistema.
@ Ginevra: schiavi inconsapevoli, il che è ancora più grave.
@ Inneres Auge: le rivoluzioni e la paralisi del sistema si possono fare anche senza andare in piazza. E non è necessario menare gli sbirri che ti menano, se in molti si ha la capacità di fare una pressione sulle loro vite, sulla povertà che stanno vivendo, sulle loro medesime esistenze alla deriva. Certo, ci vuole intelligenza, determinazione, astuzia, strategia nel trattare con loro. Ma quello che dico è che non è questione di scendere in piazza e menare perché si è menati, né di rinunciare a qualcosa, né d'avere un nuovo Gandhi (sul quale ci sarebbe molto da dire). C'è bisogno di sensibilità sociale e politica, di capacità di coordinarsi e organizzarsi, e di avere quel minimo di buon senso per uscire dai particolarismi e fare fronte comune.
Ma agli italiani manca sia l'intelligenza, sia la cultura per un'azione del genere. E menare è più facile, se sei uno stolto - ma rimani all'interno del sistema che combatti. Io invece vorrei proprio cambiassero le regole del gioco. Non possiamo diventare così bravi - ognuno nel proprio campo - da usare queste capacità per cambiare le cose in positivo per tutti? Se sei intelligente e preparato, fai dei crimini meravigliosi solo con un pc, una connessione internet, e qualche competenza in ambito finanziario. Perché non mettere questa capacità a frutto del benessere collettivo con azioni positive?
Io alle manifestazioni, infine, proprio non ci voglio andare, per me quelle non contano e non cambiano più di tanto - le vedo come la ciliegina sulla torta di paralisi attuate appunto già ad altri livelli (ovvero con scioperi a oltranza, con il ritirare i risparmi dalle banche, col rifiuto di vedere la televisione o fare la spesa di marche e in contesti che mi trovano in disaccordo e poi una serie d'azioni positive quali la diffusione di una coscienza critica in un'intera popolazione, l'educazione dei giovani, il diventare sempre più brava in ciò che faccio, il trovare forme alternative e indipendenti dallo stato e dalle sue istituzioni per vivere, e via dicendo). Guarda la solidarietà dei francesi quando vogliono qualcosa. Scioperano a oltranza e paraizzano tutto finché non l'hanno ottenuta, disposti a girare in bici per mesi se non hanno benzina e dormire in tende per inverni interi per manifestare pacificamente. Guarda la situazione dei NoTav: quello è un bel laboratorio di politica reale che si spera stia tracciando la strada per tutte le altre lotte di cui l'Italia ha bisogno ;-)
http://nishangainberlin.blogspot.com/2011/11/non-so-cucinaree-allora.html
..la rivoluzione non russa! ..come diceva il manifesto nella pizzeria degli esiliati in Schönhouser Alle dove ceneremo insieme spero presto. Abbracci
Nel frattempo, grazie per la segnalazione di questo mio post - l'ho scritto col cuore e so bene che così tu l'hai percepito :-)
Un abbraccio, buona giornata!
Saluti a presto.