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Visualizzazione dei post con l'etichetta Gene Sharp

Utopie concrete

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"Mi si nota di più se vengo e sto appoggiato alla parete senza divertirmi tutto il tempo o se proprio non vengo?". Questo amletico dubbio morettiano è in realtà metafora del mio dilemma personale da un po' di tempo a questa parte rispetto alla mia partecipazione alla vita politica e sociale di questo paese, che m'ha visto sinora invero speranzosa e attiva. Perché se tutto ci influenza e parimenti noi influenziamo qualsiasi cosa abbiamo intorno, il medesimo essere noi stessi a prescindere da ciò che ci sta intorno potrebbe - oltre all'indubbio vantaggio di farci in primis del bene - comportarne indirettamente un cambiamento. E sarebbe, come diceva Watzlawick, un cambiamento di secondo livello, ovvero non un'opposizione alla fine complementare al dominio che subiamo, ma un'uscita da un sistema chiuso le cui componenti sono in rapporto profondamente sbilanciato che - su grandi numeri - provocherebbe una destabilizzazione definitiva al sistema forza...

Gene Sharp, rivoluzioni non violente e orchidee

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Tra i film fuori concorso all'ultimo Festival dei Popoli, ho avuto il piacere di poter assistere alla proiezione di HOW TO START A REVOLUTION , documentario d'esordio del regista inglese Ruaridh Arrow sulla figura e il lavoro di Gene Sharp . Sconosciuto ai più, quest'uomo apparentemente mite e sicuramente modesto, che s'è meritato l'appellativo di "Clausewitz della guerra nonviolenta", è il fondatore dell' Istituto Albert Einstein , organizzazione no profit per lo studio e l'uso di strategie d'azione non violenza nei conflitti nel mondo, nonché l'ispiratore di quelle che i media hanno chiamato con molta superficialità ' rivoluzioni colorate ' - mancando per l'ennesima volta l'occasione di uno sguardo più approfondito alla istanze di intere popolazioni e alle modelità di liberazione non violenta da quelle che nella maggior parte dei casi erano vere e proprie dittature. Il film, finanziato con la strategia del crow...