Non siamo schiavi, siamo dinamite

(trascrizione del manifesto di sostegno agli anarchici in Grecia del 2009,
con omissione delle parti, seppur leggibili nell'immagine allegata, non pertinenti il discorso attuale)

Sono cose vecchie, dell’altro secolo. La miseria, che il progresso sembrava aver bandito dall’occidente, torna a far sentire i suoi morsi. I banchieri non si stanno ancora lanciando dalle finestre, ma le strade si stanno riempiendo di poveri. Fabbriche e negozi chiudono i battenti. Milioni di persone si ritrovano senza mezzi con cui affrontare il futuro. Avevano promesso che una vita trascorsa in ginocchio, fra un lavoro a beneficio di un padrone e un’obbedienza ai voleri del governo, avrebbe assicurato perlomeno una quieta sopravvivenza. Ora è chiaro a tutti che si trattava di una menzogna.

Sono cose vecchie, dell’altro secolo. Le file davanti alle mense popolari si ingrossano. Nei supermercati il numero dei furti è in aumento costante. Si accatastano le procedure di pignoramento. E mentre in basso si cerca di non morire di fame, in alto si preparano al peggio, alla paventata esplosione sociale. Si assicura “tolleranza zero” per chi infrange la legge, si predispongono nuove strutture di detenzione per indigeni e migranti, soldati e “volontari” pattugliano i quartieri videosorvegliati. Vecchi o nuovi che siano, i poveri devono saperlo: morire di stenti o suicidarsi, solo questo sarà loro permesso.

[...] Sono cose vecchie, dell’altro secolo. Un’economia in pezzi, una disoccupazione alle stelle, il deterioramento delle condizioni di vita, una guerra fra poveri fomentata dai tirapiedi dei potenti, un razzismo che da strisciante si sta facendo galoppante, un pianeta minacciato dallo sviluppo tecnologico, gli Stati che alternano la carota della democrazia col bastone del totalitarismo...
In questo improvviso ritorno al passato c’è ancora qualcosa che manca. Che la dignità offesa scacci la disperazione e si trasformi in azione. Che la libertà cessi d’essere il diritto di obbedire all’autorità e torni ad essere la sfida ad ogni forma di potere.
Che il desiderio di vivere non si accontenti di quanto già esiste e vada all’assalto per strappare ciò che non è mai stato.

Commenti

Venerdi Sushi ha detto…
Uhm... insurrezione = rivoluzione. (punto)
Condivido tutte le osservazioni ma non la conclusione. Purtroppo sono solamente un vecchio riformista che crede fermamente che il sistema possa essere cambiato, ma dall'interno, e pacificamente.
Minerva ha detto…
Neanche io sono d'accordo su quell'esito, tant'è che, come ho scritto nell'introduzione, io stessa ometto quelle parti "seppur leggibili nell'immagine allegata, non pertinenti il discorso attuale" :-)
La mia rivoluzione si fa con la penna o la tastiera di un computer, ché "quando l'uomo con la pistola incontra l'uomo con la penna, l'uomo con la pistola è morto" (non amo troppo Benigni, ma questa ci sta tutta). E vale anche per le donne...
Anonimo ha detto…
La rivoluzione è ciò che manca all'Italia e sono d'accordo con te sul fatto che si debba fare prima di tutto con il pensiero, per mano della penna o della tastiera. Eppure credo che di questo passo finiremo come la Tunisia che ha sopportato troppo prima di scoppiare.
Cavalier Amaranto ha detto…
Potrei quasi essere concorde, non fosse per due cose, storicamente non sono mancate rivolte dal basso, è mancata una vera e propria rivoluzione, sarà perché siamo stati dominati a destra e a manca dal primo fesso che passa, siamo proprio storicamente incapaci a ribellarci; la questione rivoluzionaria inizia a riaffiorare nella bocca di molti,come sarà successo a tutti quelli che hanno letto questo post, ma non siamo ancora al punto di rottura, che vedo ancora molto lontano, ci sono grosse sacche di privileggiati che fanno da cuscinetto sociale.
Un giorno, forse, ma non credo che arriverò a vederlo.
Minerva ha detto…
Forse non crediamo nel fatto di scendere in piazza;
forse abbiamo paura delle forze dell'ordine;
forse troppo a lungo il sistema di controllo ha alimentato l'ignoranza in chi controlla e in chi è controllato, così che la nostra paura a scendere in piazza e manifestare è giustificata dal timore che sarebbe una carneficina :-(
E infine, ma non ultimo, forse (ma questa è la cosa di cui dubito meno) non c'è una dannata opposizione comunque, neanche all'orizzonte, in cui vagamente sperare per un governo di transizione e per delle successive nuove elezioni.
Mi sembra che non abbiamo niente, e che sia tutto da costruire - sia il sociale, sia il politico.
Cavalier Amaranto ha detto…
Delle ultime affermazioni cara Minerva non toglierei nulla, non posso fare a meno di pensare che hai ragione.

Un bacio bello grosso.