Eliminare il verbo DOVERE dal proprio vocabolario

Nove volte su dieci il verbo "dovere" viene impiegato per spiegare la ragione per la quale si fanno cose che in altre condizioni non si farebbero - ovvero per giustificare azioni apparentemente imprescindibili, frutto di scelte operate nel passato.
Il che significa che, tanto per cominciare, bisognerebbe stare molto più attenti alle conseguenze - in particolare economiche - delle proprie azioni, e agire con cautela e pensando un po' più in là del momento, ovvero ragionando su lungo periodo, specie se le nostre azioni prevedono ricadute potenzialmente pesanti su noi stessi in termini di responsabilità.

Poi, comunque, anche in questo caso, esistono sempre alternative anche se queste - per garantirci la sopravvivenza e per garantirla a coloro dei quali abbiamo responsabilità - significano sempre più perdita di cose, di benefici, di affetti, di frequentazioni importanti: ovvero nessuno dice che le soluzioni alternative (vedi espatri e migrazioni, vendita di tutto ciò che si ha, autocondanna a quella che ci sembra un'esistenza nella 'miseria') non siano/saranno pesantissime.

Indipendentemente però dalle alternative a noi disponibili - il verbo "dovere" è una vera porcata di parola. Fa il paio con 'speranza' - ovvero trattasi di termini solo apparentemente nobili ed edificanti, ma in realtà castranti e promotori di sottomissione, paralisi, mortificazione, schiavismo, inazione.
Provate a togliere quindi tale verbo dal vostro vocabolario quotidiano: eliminatelo proprio.
Non fatevelo sfuggire dalla bocca. Mordetevi la lingua quando vi sta per uscire fuori.
Cercate di abituarvi a non usarlo più, a non pensarlo, e a ricorrere piuttosto a giri di parole per esprimere il medesimo concetto.

Forse capiterà anche a voi ciò che è successo a me - che non riesco più a dirlo perché non riesco più a pensarlo per la mia vita. Non riesco più a concepire quel 'dovere' con la medesima intensità.
Ciò che mi è accaduto è che, man mano che mi sono abituata a spiegare in modo diverso la ragione per cui faccio cose anche molto dure e faticose, anche forzandomi, non credo più al concetto di 'doverle fare', ma le faccio in quanto risultato di una scelta intenzionale e personale, di volta in volta in base a ragioni e opzioni differenti, e di volta in volta più ponderata e meno 'costretta dalle circostanze' - per quanto sia faticosa l'alternativa.
Le circostanze sono dei limiti - come dei paletti - ma all'interno di quelli, e forzandoli costantemente, le scelte sono mie.

Più assunzione di responsabilità, e meno vittimismo. 
Eliminate quella parola, e provate a cominciare a sostituirla con un discorso - vedrete poi come cambierà la vostra percezione di voi stessi e del vostro agire!

Commenti

Cri ha detto…
Io non devo, io voglio.
Come dicevo, ho abolito anche "sacrificio". Mi sa che cancellerò anche "virtù", sostituendola con sinonimi più appropriati quali "talento" o "capacità".
Fabio ha detto…
Le persone stupide hanno il dovere di morire. Ecco perché, in contro corrente, sostengo la parola "dovere". Essa non può essere tolta, altrimenti non ci sarebbe selezione naturale in quanto gli stupidi continuerebbero a vivere infestando la società come un cancro. Solo quando ci saremo finalmente liberati di loro potremo eliminarla.
Va eliminata anche la parola "bisogna", troppo usata per addolcire la pillola ma imporre comunque a qualcuno (noi stessi o terzi) di fare qualcosa.
Eliminare tutti gli avverbi di modo, in particolare "assolutamente": sono fautore della teoria di Einstein, tutto è relativo.
Minerva ha detto…
@fabio: Ho difficoltà sempre più grandi nel distinguere chi sia stupido e chi intelligente - sulla base di quali variabili, infatti, operare tale classificazione? Ché se pensiamo al benessere della persona, alla sua serenità, e alla sua riproduzione, sono coloro che meno pensano e meno si fanno problemi (ovvero nella mia accezione, "gli stupidi") a vivere meglio, andando semplicemente col flusso degli eventi. Inoltre, come ho scritto più volte, la teoria della selezione naturale così come l'intendi tu (e come in genere la percepiscono le persone intelligenti e speranzose) è un'interpretazione errata: Darwin parlava di sopravvivenza (e selezione naturale) del più adatto in relazione all'ambiente, non del migliore in assoluto. Ergo, nel contesto sociale attuale (ammesso che si possa poi operare una traslazione dall'ambiente biologico a quello sociale così diretta dell'intera teoria, e già avrei i miei dubbi) sarebbero destinati alla sopravvivenza quelli che chiamiamo "gli stupidi". L'incipit di Idiocracy è sempre valido a spiegare il tutto.

Sull' "assolutamente" sono invece d'accordo. Ciao!
Minerva ha detto…
@Cri: amen, sorella! Su tutta la linea ;-)
maria laura ha detto…
Io non posso dire nè sentire le parole ''problema''e ''sfortuna/fortuna'': gli eventi sono neutri e non rapportabili al mio ego (radice di ogni infelicità); ogni giudizio su di essi in rapporto a me come centro dell'universo inevitabilmente influenza il mio atteggiamento, i miei pensieri ,le mie azioni e, di conseguenza, il mio ''destino''. Stessa cosa per il verbo ''sperare''e ''aver bisogno di...'', tutti concetti che in qualche modo mi tolgono la libertà, mi rendono dipendente da qualcosa/qualcuno e per ciò, presto o tardi, infelice
Minerva ha detto…
@maria laura: io non arrivo ancora a questo livello di pacificazione esistenziale, ma ci sto lavorando, eh? ;-)
Blackswan ha detto…
Hey, però " Devo proprio farmi una birra ", a me suonava dannatamente bene :)
A parte gli scherzi, ottima riflessione :)
Minerva ha detto…
Ma non è meglio dire/pensare: "ho una VOGLIA spaziale/disumana di farmi una birra"? (e poi chiaramente bersene una bella fresca!)
kyra ha detto…
non potrei essere più d'accordo!! a me piace il verbo volere!! ;)