Fraintendimenti





Mentre ieri sera tornavo a casa, pensavo a quanto la nostra percezione delle persone che scegliamo d'avere accanto corrisponda realmente a ciò che esse sono nella realtà o quanto piuttosto esse siano una nostra invenzione in funzione di quelle che sono le nostre necessità.
Dico questo perché, quando un rapporto finisce e ci si ritrova soli, si può masochisticamente ma appassionatamente - se uno ha il tarlo della riflessività e della ricerca come nel mio caso - analizzare come siano andate le cose e come si sono percepiti e comportati gli interlocutori.

A mente finalmente lucida - per quanto viziata dal fatto che sia espressione di uno dei due protagonisti della coppia - a me è capitato di recente di accorgermi che con gli uomini che ho amato ho operato in realtà, rispetto al cogliere e memorizzare tutto ciò che essi fossero (o meglio: tutto ciò che di loro stessi essi esprimessero), ho operato proprio in fase di conoscenza una selezione delle informazioni in ingresso nella mia mente prendendo involontariamente e inconsapevolmente quelle che mi piacevano e/o che me li rendevano simili, e tralasciando tutte quelle non di sostegno a queste, o potenzialmente 'dissonanti'/'distanzianti' da me.

E poi gli elementi che ho selezionato li ho messi insieme, di nuovo senza rendermi conto di questo processo di 'costruzione', così che alla fine la totalità era per me l'uomo perfetto - ragion per cui non mi riuscivo poi a spiegare dissonanze/scarti/differenze rispetto a ciò che davo per scontato dovesse essere il suo agire.

D'altra parte il processo di selezione+invenzione che ho messo in atto io nel percepire la persona in questione quella stessa persona l'aveva realizzato nel mettere in scena se stessa per me in base alle sue finalità e ai suoi bisogni, così da venire magari incontro alle mie aspettative e rendersi in tal modo 'appetibile' ai miei occhi. Di fatto, ciò rende l'altro parzialmente 'complice' del mio fraintendimento nei suoi confronti.

In sintesi, dati A lui e B io, accade ciò che segue:
- prima fase: A si esprime come 'x' [dove x = a (ciò che è) + b (ciò che sente di essere) + c (il modo in cui vuole apparire a B)]
- seconda fase: B percepisce a sua volta A selezionando, isolando e tendo insieme come totalità di quella 'x' ciò che le serve [ovvero, dato x = d (insieme di variabili che piacciono a B) + e (insieme di variabili che non piacciono a B), B prende x-e].
Contemporaneamente anche B si 'mette in scena' per A, e nel fare ciò il processo sopra descritto può essere parzialmente analogo nel caso ci si fermi alla prima fase, o completamente analogo nel caso pure A selezioni, isoli e tenga insieme come totalità solo quelle caratteristiche dell'espressione di sé di B che gli servono.


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Ecco... No, dico, poi ci stupiamo quando i rapporti non funzionano...



Commenti

Unknown ha detto…
Hai ragione, davvero, per noi l'amato, l'amata é troppo spesso qualcosa a cui ci appoggiamo, qualcosa che riempie la nostra sete d'amore. E allora deve corrispondere a determinate caratteristiche e ci illudiamo , o semplicemente amplifichiamo quanto di piace e minimizzamo il resto. Amare davvero é donarsi, spendersi per l'altro. I rapporti costruiti in questo modo durano molto di più.
Minerva ha detto…
Io non credo che amare sia donarsi né spendersi per l'altro: ho una visione molto meno cattolica e decisamente più libertaria (tant'è che non mi interessa che le relazioni durino a lungo, sto molto meglio nell'idea del "fare pezzi di vita/strada insieme", quindi che le relazioni siano a termine (anche perché nelle relazioni di lunga durata sta la dimensione del sacrificio di pezzi di sé, e quella è una cosa che trovo agghiacciante).
Ciò detto, credo piuttosto che ci faccia narcisisticamente piacere riscontrare negli altri elementi di noi stessi, e che questo stia alla base del fraintendimento rispetto all'identità dell'altra persona.
specchioscuro ha detto…
Molto interessante Minerva,

mi piace questa razionalizzazione matematica! :)
Solo una cosa:

in matematica, siamo giustamente abituati a considerare x una quantità immutabile, decisa da chi ha scritto l'equazione, e del cui valore andiamo alla ricerca risolvendo l'equazione. La matematica però è una astrazione e spesso una approssimazione, che ci è utile per spiegare i fenomeni fisici. I progressi della fisica ci hanno ad esempio fatto scoprire che anche se la mela cade verso terra (ne è attratta), in realtà anche la terra è attratta dalla mela, per quanto in piccola parte. Tutto ciò per dire che non credo che due persone che hanno una relazione possano essere viste come sistemi separati che continuano a esistere per fatti loro, ma in realtà si influenzano a vicenda. La tua visione è abbastanza vera ma un po' cinica, x sarebbe in realtà 'a' ma fingerebbe di essere a+c solo per entrare nelle grazie di A e soddisfare i suoi pur legittimi desideri sessuali. Più realisticamente, secondo me spesso x è abituato a essere un po' a, è anche 3/4c ma tende a nasconderlo per non entrare in conflitto con un'altra equazione del sistema (il suo lavoro, la sua famiglia, le sue abitudini ecc.). Poi magari quando è con B, c viene moltiplicato per due a causa dell'effetto positivo di B su A. Poi interviene un fattore y, l'equazione diventa senza soluzioni nel campo dei numeri reali e il risultato è che x butta c nel gabinetto e ritorna a essere solo a.
Un modo molto complicato per dire che le persone non sono necessariamente maligne, spesso solo un po' vigliacche.

Minerva ha detto…
hai articolato la riflessione decisamente meglio di me, e non posso che concordare su tutta la linea con la tua interpretazione. E concordo sul fatto che le persone non necessariamente siano cattive - a volte sono solo confuse, casiniste e un bel po' vigliacchette...
Unknown ha detto…
Non ho mai smesso di cristallizzare (cit Stendhal) ed è per questo che poi mi trovo come un elefante nel famigerato negozio dei sogni, che muove e rompe, passa e disintegra.


Quanto ti capisco.
Minerva ha detto…
@Saam: tesoro. So bene, so bene... Sto cercando di imparare a evitarlo, ma è così difficile!