Lavoro, identità e tesori nazionali viventi



"Sono dipendente di..." o "Ho un'impresa di..." stanno bene.
"Sono disoccupata" no.
Lo dice pure la Costituzione Italiana all'art. 1 "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro": capito? E' fondata sul lavoro e quindi sull'individuo se, e solo se, è nella posizione dell'homo faber.
Altrimenti nisba - non conta, non è cittadino, non è nulla, non ha neanche un'identità.

Non si può né sa neanche definire - tanto che abbozza al massimo un "vedo gente, faccio cose, ho dei progetti". Quanti di noi affermano questo pur di non dichiararsi 'disoccupati'?
Ecco, questo ci hanno fatto: portarci alla vergogna per qualcosa che magari non è dipeso da noi. E toglierci la possibilità di definirci come esseri dotati di identità e dignità d'esistenza.

Ora: vogliamo ribaltare un po' le cose? Siamo costretti a lavorare per guadagnarci da vivere ma preferiremmo fare cose che desideriamo fare indipendentemente dall'essere pagati o meno.
Ecco: cominciamo allora a ridurre i bisogni, così da dover guadagnare meno, così da dover lavorare meno in cose che non ci interessano, così da avere più tempo per quelle che ci rendono felici. 

E usciamo da questo circolo vizioso di permettere che siano gli altri - una società o soprattutto uno stato maledetto - a definirci: da anarchica non ho alcun interesse ad aderire al modello attuale, né come homo (ahem... donna) faber - produttiva per questo modello di società e tassello utile per la soddisfazione dei suoi mediocri, patetici, consumistici bisogni - né per definire me stessa.
So chi sono (un'arrogante che se ne infischia del riconoscimento altrui per essere consapevole del proprio valore), ho studiato antropologia (e quindi se mi gira parlo con gli Dei) e infine con Oscar Wilde ritengo che il lavoro sia giusto "il rifugio per chi non ha nulla di meglio da fare".

Lavorino questi, al limite, anche per quelli come me: ché quelli come me dovrebbero essere tutelati come tesori nazionali viventi* ;-)


* Vi ho avvertito che sono un'arrogante! Ecco: sono pure una cialtrona!


Commenti

Cri ha detto…
Questa cosa è da un bel pezzo che la penso, appassionatamente, anche io :D
Probabilmente il lavoro contribuirà sempre meno alla nostra identità sociale. Sempre meno rispetto ai consumi, su questo non c'è dubbio.

Condivido completamente lo spirito del tuo post.

Distinguerei solo una cosa. Nella nostra costituzione il riferimento al lavoro compare più volte, non solo come lavoro salariato (e meno male), ma anche come il modo con cui gli esseri umani estrinsecano se stessi in mezzo agli altri. In questo senso anche il gioco del bambino è il suo lavoro. Ed è un'idea che a me piace molto.
Minerva ha detto…
Tesori nazionali viventi - tutti noi che scriviamo questi nostri blog dovremmo essere tutelati (in un mondo giusto) come tali!

@HIV: concordo, ma a me il pensiero che si dia la priorità a qualsiasi tipo di lavoro (anche al gioco) piuttosto che all'ozio disturba ancora un pochetto. Sono una contemplativa, io, una che starebbe ore a guardare - senza sentire il bisogno di fare nulla - aggraziate farfalline volare in un prato, ...