La mia prima volta, i Cure e il pogare

Capitano a volte i periodi in cui ci si sente 'malmostosi', ovvero si prova una sensazione di vago fastidio/disturbo nei confronti del mondo e degli altri. In questi momenti io mi rintano in me stessa e nelle mie cose - ragione del mio silenzio ultimamente, come vi ho scritto - cosa che continuerà e avviene sia a livello virtuale che a livello reale. Oh, nessuna preoccupazione: sono sempre costruttiva e sempre combattiva, solo che la fase d'azione s'alterna a quella di riflessione e silenzio.
Silenzio che interrompo velocemente e riprenderò all'istante dopo il racconto di un ricordo che m'ha evocato la lettura di un post di Blackswan che m'ha restituito la vividezza di una situazione e quindi fatto rivivere fisicamente il piacere (non desiderio, il piacere vero e proprio) di quel momento.

Avevo 19 anni, e nell'educazione rigorosa del mio spartano padre sabaudo (non maschilista, tutt'altro, però spartano e sabaudo) non potevo uscire la sera ché andavo ancora a scuola e di lì a poco avrei avuto la maturità.
Nel pomeriggio andai nel vicino parco Ruffini dove al Palasport ci sarebbe stato alla sera il concerto dei Cure, che già amavo. Era il 1989. Mi intrufolai nella coda alla biglietteria, ancora chiusa, per il solo desiderio di respirare l'atmosfera di questo pubblico vestito in nero con pizzi e anfibi, così retrò e affascinante agli occhi d'una ragazzina - ero molto più scema e ingenua dei giovani d'oggi e tale sono rimasta :-D

Iniziai a parlare con alcune ragazze e una di queste, sentito che amavo i Clash ma non avevo il loro primo disco, avendo con sé cassette che ascoltava nel walkman tra le quali quello, me lo prestò per 'sdoppiarlo' (sdoppiavo cassette su cassette all'epoca, e ancora ho almeno 300 nastri), segnando il suo numero di telefono su un foglietto che di lì a pochi giorni persi, con profondo senso di colpa (ehi, se mi leggi contattami: ce l'ho ancora la tua cassetta originale, e sarei stra-felice di restituirtela!). Tornai a casa già felice.

Mio padre mi chiese del concerto di quella sera, l'avevo implorato in tutte le salse per andare, ma me l'aveva impedito e non cedeva. Dopo cena mi disse: "Dai, vai, sono solo tre fermate di bus, ma a mezzanotte ti voglio a casa". Mi vestii velocemente e corsi fuori, arrivai là, comprai il biglietto, entrai e mi infilai nel casino sotto il palco. Il folletto stava suonando i primi accordi e io ero in estasi totale. Stetti lì sotto a ondeggiare, ballare, lasciarmi trasportare dalla musica che m'incantava.

La temperatura era altissima (sebbene fosse solo primavera), una massa umana danzante l'aveva alzata al punto tale che avevo annodato la mia camicia bianca in vita (look tamarro e semplice dell'epoca) e quella mi si era appiccicata addosso. Nel buio scorsi un mio compagno di scuola che già mi piaceva e con cui c'era 'qualcosa', il quale, parimenti sudato e felice, con la sua carnagione scura m'apparve in mezzo alla gente che si spintonava come una visione. Incrociato il mio sguardo s'avvicinò, mi baciò (non era la prima volta: nessuna rivelazione stratosferica) e rimanemmo lì nel piacere della situazione e del baciarci reciprocamente le gocce di sudore che ci colavano dalla fronte e sul collo.

Come spesso m'accade ancora adesso, quando sono all'apice del piacere in una situazione, me ne vado, per godermela da sola senza permettere che scemi e si spenga (come è naturale che sia) in compagnia altrui. Per cui a un certo punto me ne andai, comprai una birra gelida e salii sugli spalti per vedere la platea sotto, dove mi trovavo sino a un istante prima. Bevendo la mia birra guardai giù proprio mentre i Cure attaccavano A forest e il pubblico si muoveva come un'onda dolce e intensa davanti ai miei occhi.
Scoprii che quello era l'effetto visivo del pogare - era la prima volta che lo vedevo e lo sentii definire così solo tempo dopo frequentando amici punk - quando fatto nel modo più dolce e rilassato e di nuovo sorrisi, provando un immenso piacere.

Quello stesso piacere che m'ha dato rivivere questo ricordo, per il quale ringrazio Blackswan (dovremmo sempre essere grati a coloro le cui parole aprono cassetti come questo nella mente: ci riconnettono con la parte più profonda e luminosa di noi stessi oggi, con le ragioni originarie di ciò che noi oggi siamo).

[Ah, ho trovato pure la scaletta.
plainsong, pictures of you, closedown, kyoto song, a night like this, just like heaven, last dance, fascination street, cold, charlotte sometimes, the walk, a forest, inbetween days, the same deep water as you, prayers for rain, disintegration,
E1: lullaby, close to me, let's go to bed, why can't i be you,
E2: hot hot hot, three imaginary boys, boys don't cry, faith.]

Commenti

Blackswan ha detto…
Ringrazio io te, Minerva, per la citazione e per il bel post.Certi momenti sono impagabili.Uno se ne accorge durante,certo, ma soprattutto ne ha consapevolezza a distanza di tempo.Condivido con te quel gesto "estremo" di cercare la solitudine nel momento di maggior estasi.Spesso, ai concerti, ho fatto come te.Da sotto il palco, mi sono spostato sugli spalti per godermi in grand'angolo la visione della gioia appena trascorsa.
Mi ha emozionato molto l'episodio che hai narrato a proposito della ragazza che ti diede la cassetta per sdoppiarla. Retaggio di un'epoca che non esiste più, dove ingenuità e condivisione erano ancora alcune delle nostre migliori doti.
Vado a inserire il link del tuo post nel mio.
Un abbraccio
Minerva ha detto…
Grazie (del commento e della segnalazione di questo mio post). Un bacio :-)
Cirano ha detto…
si ritorna giovani....pogare è una cosa che non farò mai più....ma A forest sarà la colonna sonora del mio funerale......
Minerva ha detto…
Chi può dirlo che pogare è una cosa che non farai mai più? Io e le mie amiche stiamo già organizzandoci per la vecchiaia ipotizzando sfidacce a colpi di sedia a rotelle in condizioni alterate di coscienza :-P
Dai, scherzo, però davvero non mi parlare di tempi che non tornano più o di musica per funerali - non voglio ancora pensarci, voglio danzare nella follia finché le gambe me lo permetteranno :-)
OrsaBIpolare ha detto…
Con questo post ho imparato due nuovi vocaboli ma "malmostoso" sento che potrei riutilizzarlo con più frequenza dell'altro.

Ciao e buona riflessione...
Minerva ha detto…
Qual è l'altro vocabolo che non conoscevi?
Lucy ha detto…
Cara mia, a quel concerto c'ero anch'io. Rigorosamente dark ;)
Che ricordi! Avevo la maturità quell'anno, 19 anni anch'io
OrsaBIpolare ha detto…
"Pogare"!