Avishai Cohen, Israele, la musica e il cambiamento (magari non violento: grazie)
L'altra sera sono stata al concerto d'un jazzista che mi piace molto, Avishai Cohen , di fatto cittadino di quel paese sciagurato che è Israele. Fuori dal teatro che l'ospitava, un presidio di sostenitori della Palestina invitava civilmente il pubblico a prendere coscienza del massacro (perché quello è) dei palestinesi in atto. Ora: che costoro fossero specifici sostenitori di quel paese o meno, personalmente ritengo che quando c'è un massacro in atto poco importa chi ne sia la vittima. E' il massacro di vite umane - di qualsiasi età, luogo, origine, cultura, religione - che ritengo inaccettabile in sé. Ciò detto, le reazioni del pubblico sono state diverse, e - accanto a coloro che avevano piacere di ascoltare il concerto, ma erano anche ben coscienti della situazione - vi è stato chi, ottusamente, ha giustificato e avallato ciò che sta accadendo (e questo è così tragico che davvero ti pone interrogativi sui limiti della non violenza). Ma vi era anche ch...