Vite da criceti...

Premesso che al momento sia lo "stare bene" che "l'essere felici" sembrano darsi come più mai irraggiungibili chimere, mi spiegate la differenza tra l'una e l'altra condizione (ok, fingiamo che sia una questione di gradi: la prima, potenzialmente strutturale, viene prima della seconda, percepita per lo più come estemporanea) e soprattutto la ragione per cui molti prediligono la prima?
Ché secondo me c'è un errore di fondo nell'impostazione del discorso, ovvero la premessa che la felicità proprio non esista – o esista come condizione estemporanea, fortuita e tutto sommato infantile – e che quindi, al limite, possiamo giusto sperare di stare vagamente bene, come esseri umani, senza nulla chiedere di più della salute e della sopravvivenza in vite che sembrano quelle di criceti sulla ruota.

Ovvero, quelli che la vedono così (e sono tanti: già solo nella mia cerchia di amici, invero non proprio coattoni dal QI inferiore alla frequenza minima d'una radio privata, se ne riscontrano un tot) – quando interrogati sulle loro esistenze in cui diverse variabili ivi presenti sembrano apportare contemporaneamente elementi positivi così come elementi negativi per il loro benessere – rispondono che preferiscono “stare bene” piuttosto che “cercare d'essere felici”.
Cioè, barcamenarsi nella lagna della perenne insoddisfazione è quello che chiamate lo “stare bene”? Cielo, aiuto!

Senza contare che poi, a tal groviglio di insoddisfazione, ambiguità, confusione, impotenza, lagna, pasticcio, vengono magari introdotti altri elementi ancora a tentare di spostare l'asticella verso un po' di felicità, onde almeno trovare di tanto in tanto una qualche ragione per tirare avanti senza spararsi – e di qui cellulari che fan pure la pastasciutta, amanti estemporanee per qualche corteggiamento extra-coniugale, interessi/lotte/rivendicazioni da ggggiovani (poi mi spiegate che senso ha cantare concetti quali “live fast, die young” schitarrando come grattuge a 50 anni, eh?).

Ma dico: e affrontarla in termini un po' più ayurvedici, ovvero prima fare pulizia delle cose non completamente soddisfacenti arrivando a un grado zero, e poi di lì – piano piano, passo dopo passo – 'ricostruirsi' introducendo nelle proprie esistenze il positivo?
Magari così si potrebbe raggiungere in primis una condizione in cui si sta bene (cosa che magari si può fare autonomamente, con tanta riflessività in merito a ciò che realmente ci fa stare bene e con un po' di determinazione) e poi – se possibile (ché questa è invece spesso data da quel quid in più non sempre dovuto interamente a noi) – un'ulteriore condizione in cui si è pure un po' felici.

Possibile che piuttosto che fare un sano, ma impegnativo, atto di riflessione e di coraggio si preferisca continuare a girare la ruota e inseguire – frustrati – ambizioni di rara tristezza rendendo le cose sempre più complicate e di difficile soluzione?
KISS, miei cari! Che state/stiamo (ché a volte ci casco anch'io!) aspettando? ;-)


Commenti

Cri ha detto…
Riflessioni molto, molto interessanti.
Che così, all'impronta, mi suscitano una prima spontanea, essenziale considerazione: che è per la mia ostinata ricerca di felicità, e dunque per la mia incapacità di accontentamento a qualcosa che non sia il pretendere di "pensare in grande", che io non sto bene.
Unknown ha detto…
Io la vedo anche in un altro modo: l'ossessione della ricerca di felicità, esperienze, novità, "grandi cose" ci fa perdere il senno. Lasciamoci andare, l'istinto raramente sbaglia.
Granduca di Moletania ha detto…
Bravisssima. Da applausi.
Completamente d'accordo.
Minerva ha detto…
@Cri: io credo che starei molto peggio se mi comportassi come un criceto. Come dice Tom Waits, "preferisco un fallimento alle mie condizioni che un successo alle condizioni altrui" ;-)

@Cawarfidae: quando io lascio andare l'istinto vado serenamente fuori di senno e raggiungo vette di felicità inaudite. E poi follia e normalità sono concetti relativi, comunque - considerato ciò che è normalità oggi - mi preferisco squilibrata ;-)

@Granduca: grazie, darling, ma i tuoi complimenti mi sembrano esagerati. Se applaudi per questo post, che fai quando scrivo racconti erotici? :-D
Unknown ha detto…
Articolo intelligente intressante, come sempre. Personalmente, porrei l'accento su due aspetti. Uno quello del criceto faber: felicita` o 'benessere' scaturiscono da obbiettivi che ci poniamo e raggiungiamo (es.: terminare una lettura, comprendere un problema, risolvere una difficolta`, approfondire una relazione con una persona o conquistarla), o meglio dal processo continuo (passi obbiettivo-meta, anche ravvicinati). L'altro e` quello della concentrazione su un interesse/passione/amore ecc.. ripulendoci da altri pensieri e problemi (rif. fuggo dalla citta`: la vita, l'amore, le vacche). Pero` il primo funziona meglio insieme con il secondo (concentrazione e pulizia delle cose insoddisfacenti). Ma forse anche l'inverso (un QI ribassato aiuta talvolta, in quanto focalizza su poche cose, rendendo la pulizia delle altre superflua). L'istinto le garantisce entrambe...
Mauro ha detto…
sai, non mi dispiacerebbe che tu fossi felice.
Alla fine la felicità è una condizione che accade, spesso in modo apparentemente slegato dal nostro agire, quasi per caso come fosse culo, imprevisto, ineluttabilità.
Poi c'è quella felicità che intuisci, palpi nel buio come un cieco e percepisci, ecco c'è quella che in un certo senso scegli. O non scegli.

niente, sii felice.
OrsaBIpolare ha detto…
Felice: "detto di persona che si sente compiutamente paga e serena, avendo raggiunto la piena soddisfazione di un desiderio, di un bisogno materiale o spirituale".

Ahahahah!
Niente, avevo voglia di ridere stasera e ho cercato la definizione su vari dizionari.

È più convincente "stare bene".
E, per me invece è molto più importante "stare meglio di ieri".
Perchè stare meglio di ieri è un work-in-progress, quindi qualcosa di meno statico della felicità (se mai si potesse raggiungere in termini di definizione...) e sicuramente evolutivo, a differenza della "felicità".

Un abbraccio (migliore di quello di ieri!)
;)
Granduca di Moletania ha detto…
Per nulla esagerati.
Mi è piaciuto da morire il punto in cui consigli di azzerare quello che c'è di non soddisfacente e di arrivare al lato positivo.
Sembra lapalissiano eppure non a tutti appare così chiaro. Ci sono persone (e in questo momento ne ho una in particolare in mente) che per rovinarsi la vita farebbero ogni cosa e continuano nell'opera di autoconvincimento ripetendosi fino allo sfinimento che sono felici così, quando è chiaro che hanno proprio una "vita da criceti". E il bello è che lo sanno, ma ormai hanno una parte da interpretare e quindi non hanno il coraggio di seguire il tuo (e il mio) consiglio.
L'esatto contrario di te.

Comunque sia ben chiaro che applaudo anche quando scrivi racconti erotici. Ma anche quando scrivi di anarchia e rivoluzione non mi dispiaci proprio. :)

Un abbraccio.
Cri ha detto…
Ma io sono completamente d'accordo con te, eh. E con Tom. Può aver fatto finta di esserlo, per viltà o per fragilità; ma anche se volesse, se ci si applicasse, una nata mangusta come me non ce la farebbe mai a diventare un criceto :D
Chiara ha detto…
Silenziosamente, ma ti leggo... E penso!

Un saluto!
Minerva ha detto…
@Unknown: concordo. Però il QI ribassato permette una minore percezione del piacere, quando ciò accade, perché non si ha la capacità di coglierne le sfumature mettendole in relazione con esperienze pregresse che parimenti ci avevano dato piacere, ergo non si amplifica il godimento nuovo con l'eco del precedente e quindi la certezza che riaccadrà in futuro (sebbene non sappiamo mai quando). Insomma, è una questione di profondità percettiva e di link temporali, che la scarsa intelligenza preclude ;-)

@Mauro: mio amato, i tuoi commenti sono così profondi e lievi al tempo stesso che la mia felicità, rispetto a te, potrebbe parimenti coincidere con lo sprofondare in un tuo abbraccio o farti un pigiamino di saliva ;-D

@Orsetta: uhm, il tuo ragionamento ci può stare. Non lo condivido perché io vivo immersa in un eterno presente - per quanto continuamente mutevole - ma posso convivere con qualcuno/a che la pensa così ;-)
Quindi t'auguro di stare meglio di ieri e peggio di domani ;-)
Minerva ha detto…
@Granduca: ok, allora mi godo il complimento, e ci sto al caldo imbozzolata dentro ;-)

@Cri: sì, lo sapevo, con quella citazione rafforzavo ciò che dicevi tu, non lo stavo contraddicendo ;-)
Bacio, bellezza!

@Chiara: idem, giassai ;-)
Mauro ha detto…
sai bene che non uso il pigiama, dormo nudo ^__^
Minerva ha detto…
Sì, lo so bene: per questo, cominciando i primi freddi, mi preoccupavo di fare qualcosa per tenerti un po' al caldo ;-)
Mauro ha detto…
davvero premurosa, sono commosso!

parliamone... ;)

e un bacio

Evolutivamente, l'uomo discende dal criceto. Ma bisognava fermarsi prima.
specchioscuro ha detto…
Ciao Minerva,

mi sembra che tu stia parlando di due problemi diversi: uno è 'esiste la felicità?', l'altro è 'ci accontentiamo di vivacchiare accettando numerosi compromessi o cerchiamo di vivere in maniera fedele alle nostre reali aspirazioni e desideri?'.

La risposta giusta alla seconda domanda è implicita anche solo per il modo in cui è posta, anche se poi a volte non è così semplice da mettere in pratica.

La risposta alla prima è un po' più complessa e penso che abbia a che fare con la tendenza degli umani a voler astrarre e generalizzare a tutti i costi partendo dalle parole: se esiste l'aggettivo felice deve esistere anche la 'Felicità', quella assoluta. In realtà secondo me i concetti vanno contestualizzati, magari adesso per noi ha senso parlare di 'Felicità', ma nella storia dell'umanità il primo che ha usato una parola che noi tradurremmo come 'felice' per descrivere il suo stato d'animo aveva semplicemente appena riempito lo stomaco (o fatto sesso, chi sa). Nel complesso direi che vale sicuramente la pena di cercare a tutti i costi di vivere in maniera coerente e 'vera', ma non credo abbia senso chiedersi se si è 'felici'.

Un saluto, ti seguo sempre.
Minerva ha detto…
@HIV: concordo.
Minerva ha detto…
@specchioscuro: bentornato! Ti seguo anche io. Commento mirabile - il tuo - estremamente intelligente, riflessivo, cauto. E molto condivisibile. Sono così d'accordo e apre tanto alla positività che m'ha fatto un gran bene. Grazie! :-)
specchioscuro ha detto…
Prego, mi fa piacere ti abbia fatto bene. Buona giornata a te.