Della problematica interazione con la violenza che ci circonda :-(

Mentre stiamo vivendo giornate appassionate per via dei risultati di votazioni amministrative e referendum, la parte politica che sta ricevendo batoste risponde a modo suo con reazioni violente, scomposte, brutali e offensive anziché articolare e giustificare le proprie (ahimè, difficilmente difendibili a qualsiasi osservatore esterno) soluzioni cui ci ha esposto da anni a questa parte.
E noi, cittadini, ne siamo dentro - anche a un modello di relazioni che via via è divenuto sempre meno corretto, sempre meno d'ascolto e di dialogo e sempre più invettiva che mira ad annientare gli interlocutori indipendentemente dalla bontà o utilità collettiva potenziale di tutte le riflessioni che si potrebbero (e sarebbe necessario) sviluppare insieme.

Un problema che mi sta a cuore, proprio perché tendo a pensare che ciascuno abbia le proprie idee e che tutte siano legittime perché sviluppate a partire dalle proprie esperienze personali assolutamente uniche, è il rapporto con chi la vede diversamente da me - sia che si tratti di posizioni antitetiche, sia che si tratti di sfumature rispetto a posizioni considivisibili.
Ed ecco qui il problema: perché la mia soluzione - che poi soluzione non è o almeno è ancora un tentativo irrisolto di soluzione - è sempre quella di dialogare a oltranza con tutti, sebbene mi esponga io stessa, in tal modo, a possibile violenza e reagisca con la stessa quando sento che è arrivato il punto di mettere paletti a mia stessa difesa. Ingenuo e infantile tentativo che non mi diverte affatto, anzi, mi sfibra, ma non ne conosco di migliori.

Se questa è un'impresa quasi impossibuile - ne convengo - con chi la pensa in modo radicamente opposto, la disperazione la provo quando sento persone a me simili per finalità, obiettivi, speranze, che vedo individuare soluzioni non percorribili, sempre a mio avviso (ci tengo a premettere che il mio punto di vista, essendo mio, è sempre relativo), in un contesto sociale in cui si condividono spazi, pensieri, parole e anche 'orizzonti di lotta comuni'.
In qualche modo, il fatto di non cercare di trovare soluzioni comuni, di decidere di chiudere rapporti, di non rispondere e trincerarsi nel rifiuto del contronto, di spartire i territori come fossimo animali, di invocare leggi e tribunali a mediazione, mi sembrano tutte soluzioni parimenti terribili e che impoveriscono quello che gli esseri umani potrebbero essere e fare - se solo decidessero di stare dentro le situazioni e il dialogo pur con la fatica immane che un tentativo del genere comporta.

Mi sembra una fatica necessaria, se appunto si vuole vivere insieme, nello stesso spazio, nella stessa società. E' quando tale violenza accade, uno le energie le perde per difendersi, anziché per andare oltre 'insieme' cercando di mediare i punti di vista diversi.
E la cosa che ancora più mi ferisce è sapere che le persone con cui si hanno queste relazioni contraddittorie che sfociano poi in reciproche violenze non sono di natura così - perché guardi quello che fanno e talvolta li senti incredibilmente vicini, dallo stesso 'lato della barricata'. E quindi la devastazione emotiva diventa ancora maggiore, perché ciò di cui ti rendi conto è che la colpa non è vostra, ma del sistema in cui hai sviluppato la tua (in)competenza relazionale - un sistema che agisce di volgarità, mediocrità, ipocrisia che sono entrate in noi e ci hanno distrutto (come dice un altro blogger) l'innocenza.

Io non ho proprio voglia di arrendermi a questo - ne sono arcistufa - e ben sento l'impotenza in qualsiasi tentativo, non è che non me ne renda conto. Ma sento ancora che è necessario provarci, ragion per cui non ho proprio più voglia di rispondere violenza alla violenza - neanche come autodifesa - a chi si lascia fregare la vita e l'immaginario da chi ci ha inquinato la potenzialità di buone e sane relazioni, di dialogo, di sentire comune. E quindi ci provo a oltranza, di nuovo, ancora - per quanto stupida possa sembrare.
Sono stanca e demoralizzata, ma non voglio arrendermi al pensiero che chi ha subito violenza poi si senta in diritto di perpretarla ai danni degli altri, né che chi ci ha rubato quell'innocenza e reso vittime di quell'immaginario la faccia franca fregandoci ancora in questo modo - con le nostre stesse mani.

Quindi chiedo venia per le volte che ci sono cascata io stessa, e faccio due passi indietro nella speranza di riguardagnarli insieme. Ci credo davvero. Perché penso che non ci saranno sempre nuovi posti - nuovi territori, nuove relazioni - da abitare. E che è il momento di andare oltre i vaffanculo, la messa a tacere del dissenso, gli omocidi reali o di espressione verso gli interlocutori.

L'unica cosa che vi chiedo è di pensare a quanto ho scritto e dirmi il vostro punto di vista, ma per favore - svincolandoci dalle perversioni che appunto ci mortificano come esseri umani.
Non siete stanchi anche voi, come me, di queste? Perché tolgono tante, troppe energie e alla fine - sempre secondo me, non pretendo che quanto ho detto valga in assoluto o per tutti - tolgono senso alla vita.
E se avete una soluzione migliore fatemela sapere. Perché io non la vedo.

Un abbraccio a tutti, ma proprio a tutti.

Commenti

Marisa ha detto…
Il fatto è che è atto una guerra civile anomala senza morti o è l'inizio di una guerra civile, non si risparmiano i colpi e sappiamo bene chi sono i responsabili!
Minerva ha detto…
E' proprio questo che non va bene, Marisa, è proprio questo - specie quando siamo noi stessi che non troviamo soluzioni neanche per convivere tra noi che pur magari avremmo in prima battuta un 'nemico' comune :-(
Ci lamentiamo che nella Sinistra non riescono a far convivere 30 anime differenti, ma neanche noi cittadini riusciamo a convivere tra noi in 30 anime differenti, pur con appunto un nemico prioritario comune (che sia un ministro, un partito, un modello culturale ecc.).
Bob Bulgarelli ha detto…
Questo post sembra giungere nella mia casella di posta quasi tu sapessi dell'ultima "spiacevole" vicenda che mi/ci è accaduta, al gruppo di Blog Drome che, pareva, si fosse arricchito di un nuovo portentoso e stimato membro, salvo poi giungere a litigi insensati e conseguente abbandono da parte sua del gruppo. Ci tengo a sottolineare che io continuo ad avere stima di questa persona, nonostante mi abbia tolto tutti i link per raggiungerlo, bannandomi; ancora non capisco la ragione.
La soluzione a questi problemi incresciosi, non temere, appena la si saprà, sono convinto che diverrà di dominio comune.
ganfione ha detto…
mia cara;
la tentazione di liquidare il tutto con un solito "amen, sorella" è grande, ma rubo cinque minuti alla mia giornata per un pensiero appena un po' più articolato: da sempre prediligo la cedevolezza allo scontro, almeno finché ci riesco (anche io sono umano e ho limiti molto più definiti di quanto vorrei); credo di possedere abbastanza discernimento da capire chi ho davanti e comprendere quindi se valga o no la pena di dare seconde, terze e anche quarte chances. mi irrita soprattutto il dolo, vale a dire il creare zizzania ad arte, cercare di buttare tutto in caciara nel tentativo di legittimare un pensiero qualunquista secondo cui siamo tutti uguali e tutti cediamo al livore e alla violenza. eh no, tutti uguali non siamo. e anche questa può, deve essere una ragione di resistenza all'incedere del brutto e della volgarità.
ganfione ha detto…
p.s.: soluzioni no, non ne ho. cerco di usare il mio buon senso, sempre finché posso. quando non posso più, taglio i ponti, se necessario rimettendoci in prima persona. non sono esattamtente uno che si impone, nemmeno quando penso di essere nel giusto.
Minerva ha detto…
@ Roby: grazie di cuore, e dispiaciuta ovviamente per te, conosco la sensazione :-(

@ ganfione: anche io avrei voluto risponderti con la nostra frase di rito, ma vado oltre. Grazie per ciò che hai scritto, ma vedi, io sono proprio scema: ché credo si dovrebbe in generalre - per le ragioni di cui sopra - andare avanti col tentativo e le chances a oltranza. Ma non imponendosi, quanto proprio solo mirando al dialogo, facendo capire che senza quello - quando viene sostituito da istituzioni normative o violenze di altra sorta (dalle minacce alla libertà di parola a quelle di eliminazione fisica) - una comunità di persone non va da nessuna parte.
Zio Scriba ha detto…
Guarda, posso dirti che in generale capisco il tuo rifiuto e il tuo disgusto, perché io alla violenza (da non confondere con l'essere energici e anche irruenti quando ci vuole) sono semplicemente ALLERGICO. Sono come il protagonista di Arancia Meccanica dopo il trattamento, senza bisogno del trattamento.

Un abbraccio.
Ginevra ha detto…
Comprendo la tua fatica e lo scoraggiamento, sono anche i miei; e come te credo che non si possa rinunciare ed arrendersi; anzi, questo è il momento ideale per sferrare un attacco forte per l’affermazione di un umanesimo differente da quello costruito in questi ultimi decenni; e l’esercizio di un’interazione che faccia appello all’umiltà, alla rinuncia della violenza (incominciando da quella espressa nella comunicazione verbale), all’accoglienza e l’ascolto, è l’unica strada percorribile: non si può dire ai propri figli di non fumare con la sigaretta in mano!
Questa società sta implodendo e la miccia è la paura: di perdere le certezze coltivate nel proprio orticello, di scoprirsi magari simili ai propri acerrimi nemici, di comprendere che è molto più difficile sedersi e stare in silenzio ad ascoltare, piuttosto che urlare. Catone il Censore ha fatto il suo tempo.
Minerva ha detto…
@ Zio Scriba: oltre al trattamento c'è un qualche modo per essere anestetizzati e non soffrirne più?

@ Ginevra: d'accordo su tutto, ma anche senza bisogno di urlare - basterebbe parlare civilmente. Sono pure stanca di urla di dolore o invettive che non portano a nulla, e svuotano solo chi le emette.
Zio Scriba ha detto…
Temo di no, e se lo scopri fammi un fischio: anche se un minimo di corazza me la sono creata, questo mondo mi ferisce una trentina di volte al giorno, o giù di lì...
Ginevra ha detto…
Mi sono espressa male, forse avrei dovuto dire "anzichè" urlare; l'aggressione verbale, appunto, turpiloquiante ed ingiuriosa, annulla la possibilità di una comunicazione corretta e civile, non può predisporre gli animi degli interlocutori verso uno scambio paritetico e rispettoso; anche imparare a recedere dalla tentazione di risolvere un ragionamento con un vaff****** potrebbe essere utile per recuperare empatia, sentimento e percezione del limite, della “vergogna” (intesa come coscienza del ravvedimento, del tornare sui propri passi), per aprire i cancelli dei nostri recinti mentali, smetterla di sentirci depositari della verità assoluta, smetterla di giudicare, sentenziare, offendere.
Minerva ha detto…
Sfondi una porta aperta: è che a quanto pare sono sempre e solo alcuni che agiscono così, e gli altri ringraziano, prendono le armi e sparano deridendo ancora i primi. Come far capire che un atteggiamento del genere porta solo all'estinzione dell'essere umano? :-(
Ginevra ha detto…
Intanto praticandolo; è naturale che mutamenti di larga portata, capaci di sgretolare paradigmi culturali e comportamentali radicati, riprodotti dall'alto, richiedano tempi lunghi e molta fatica, dolore. Utopia? Forse.. ma non intendo rinunciare.
Cirano ha detto…
scusami Minerva, leggo solo ora il tuo post; è il 18 giugno??? Certo è difficile fare i conti con chi la pensa diversamente da ni, ancora di più lo è se questi sono, o erano dalla nostra stessa parte.
Ma bisogna vedere in quale contesto caliam questa riflessione: in famiglia, sul lavoro, nel gruppo-associazione che frequentiamo.....
io vivo di più questi conflitti nel mondo della scuola, dove lavoro; lì la violenza è verbale o psicologica (mobbing), ma la cosa chiara è che c'è un confine chiaro e mi sento in grado di lottare ancora, perchè condivido idee e principi d ibase con uno sparuto gruppo di "giapponesi" che non si arrendono.
Le più grandi delusioni nel senso al quale tu ti riferisci nel post le ho provate in politica e, purtroppo, in Agesci l'associazione scout che ho vissuto per 25 anni...e che pi ho lasciato per vicende simili alle tue!!!
Un abbraccio
Minerva ha detto…
Ecco ciò cui poi ci si riduce sotto il peso di minacce di minacce dirette o indirette, denigrazione e diffamazione: al silenzio, al qualunquismo, all'allontanamento da tutto. Ed è in coloro che affermano di voler combattere il modello attuale che sono terrorizzata quando vedo in loro quelle medesime pervesioni e pratiche di quello. Questo mi fa paura, a questo non so che altra risposta dare. Perché appunto non ci sarà sempre un altro luogo da abitare, così come questo atteggiamento è - su macrodimensioni - suicida.
ganfione ha detto…
comprendo il tuo punto di vista. in italia manca la coscienza civile che consente a un gruppo di individui di farsi società pensante e diventare maggioranza, al di là delle opinioni personali e politiche: da questo punto di vista la violenza e l'intolleranza sono trasversali e allignano in tutti gli schieramenti, anche se poi sono utili solo al potere costituito. dovremmo spezzare il circolo vizioso di provocazioni e risposte e in ogni circostanza mantenere suficiente lucidità da non perdere mai di vista il fine della comunicazione, che è sempre un fine politico (leggasi: il bene comune)
Minerva ha detto…
"la violenza e l'intolleranza sono trasversali [...] anche se poi sono utili solo al potere costituito": appunto. Proprio quello. E se posso capirlo in chi è vittima acritica di questo sistema o ne è connivente e quindi sostenitoree, ritengo gravissimo quando a cadere in queste trappole sono coloro che lo avversano.

"dovremmo spezzare il circolo vizioso di provocazioni e risposte e in ogni circostanza mantenere suficiente lucidità da non perdere mai di vista il fine della comunicazione, che è sempre un fine politico (leggasi: il bene comune)": hai pienamente ragione. Forse devo imparare semplicemente a gestirmi in modo tale da non porgere mai il fianco oltre una determinata soglia, e a non far mai diventare personali quelle che sono questioni pubbliche - pure se gli interlocutori lo fanno. Ci provo, eh?, ma alcuni interlocutori sono veramente perversi e ti tirano a portare in tutti i modi su quel piano. E da lì in poi non si va da alcuna parte - salvo che appunto a forme di dittatura immediatamente precedenti alla successiva certa estinzione, ma non certo a una società pacificata sulla base del fatto che tutti stanno veramente bene e non si sentono violentati/annientati dagli altri :-(
Minerva ha detto…
Su Facebook il medesimo post ha ricevuto i seguenti commenti:

Da Matteo G.

"la mia analisi è la seguente: lo scontro si fa violento con reazioni urlate, scomposte e rumorose, per il semplice fatto che la discussione passa attraverso dei media in cui i toni e i modi fanno proseliti, soprattutto nella massa becera. Il meccanismo sociale di confronto è drogato dall'apparire mediatico e quindi alzare i toni porta a dei successi sulla psicologia di impatto.
Ognuno può avere le proprie idee ma non sempre la maggioranza e la sua espressione politica è accettabile. Se il nucleare fosse per ipotesi passato al precedente referendum non lo risparmierebbe dall'essere inaccettabile, e non perché quelli che sono contrari sono in errore ma perché manca di fondo una coscienza sociale che non sia egoistica per i problemi a breve e a lungo termine. La società contemporanea esprime egoismo sacrificando il futuro delle generazioni e dell'ambiente: e tutto ciòè intollerabile.
Diffondere le idee invece è giusto, soprattutto quando queste vanno nella direzione del rispetto e dei dei rapporti tra esseri viventi.
Il difendere il territorio trincerandosi nelle proprie idee può non essere la soluzione migliore ma può tornare ad essere l'unica forma di preservazione in un contesto asettico.
La violenza è quotidina, se si osserva attentamente uno degli aspetti dell'attuale modello imposto e vincolante, cioè il tempo che viene sottratto alla vita per essere sacrificato al Molch del consumo e della produzione, si ha la chiara percezione che anche in un mondo dove tutti difendono dei diritti particolari e dove c'è dialogo su tematiche puntuali si è continuamente messi alla prova da una violenza psichica, invasiva e deleteria, che pur mancando di fisicità, e anzi proprio per questo, rende ognuno schiavo incosapevole del proprio giogo invisibile.
Una massa omogenea, quale quella globailzzata prodotta dai media e dal consumismo, che altro non fa che stimolare dei recettori celebrali presenti in tutti gli uomini, è facilmente governabile, facilmente ricattabile, facilmente assoggettabile dal potere a suo uso e consumo.
Attualmente negli agglomerati urbani la convivialità e il mutuo appoggio o sono istituzionalizzati, perdendo di quella solidarietà basata sulla semplice vicinanza e conoscienza, o non esistono affatto. Trovo ancora sprazzi di vita sociale nelle aree rurali, meglio se isolate, dove le persone conservano ancora qualcosa di quella socialità che è amalgama e coesione."
Minerva ha detto…
Fabio Chiari liutaio

"Sono d'accordo con te ma penso che a guardar bene anche nei centri urbani stia nascendo un germe di libertà se non altro intellettuale, a Firenze per lo meno è così anche se fanno di tutto per soffocarla, sia con la forza che con la burocrazia. Io sono abbastanza speranzoso nel fatto che alla fine qualche cosa di nobile possa ancora svilupparsi dal fango della condizione umana, certo è che il potere ha delle armi a sua disposizione sempre più sofisticate."

e ancora sempre Fabio Chiari liutaio

"E' una questione annosa alla quale l'anarchia è particolarmente esposta non avendo un comitato centrale che detta le idee da assumere di volta in volta. Penso che però a differenze di altri ideali l'anarchia potrebbe avere gli anticorpi per superare questo stallo, basterebbe che al rispetto per la visione dell'anarchico col quale parliamo e col quale siamo in dissenso si affiancasse anche il coraggio delle proprie convinzioni. Faccio un esempio semplice, di fronte ad un problema reale ci possono essere visioni antitetiche sulla maniera di risolverlo, ebbene chiunque si senta la spinta ad agire lo deve fare al di là di tutto. Spero di non essere frainteso ma io ho sempre agito così qualunque cosa mi si sia parata davanti, alcune volte ho fatto delle cazzate altre l'ho azzeccata. Uno dei punti sui quali mi perdo quando leggo discussioni fra persone che si qualificano anarchiche è l'eccessiva elucubrazione sulla parte teorica delle questioni mentre io ritengo che sia prioritaria la parte pratica."
Minerva ha detto…
E infine, ancora da Facebook, Massimiliano B.

"Sono comunista, da poco iscritto a Rifondazione Comunista - Federazione della Sinistra, perchè ho deciso di vivere ed agire nel presente, per un possibile futuro in cui dell'antidoto che chiamo Comunismo non ci sia più bisogno, poichè sarà sconfitto il veleno che avvelena la nostra Società e le nostre vite. La violenza non mi piace e non la sostengo, preferisco il confronto, ove possibile ma esistono le classi sociali e quindi un conflitto da risolvere. Mi occupo di Teatro attraverso la conduzione di laboratori di ricerca e produzione di spettacoli e l'ascolto è al centro della mia pratica. E' il mio lavoro, imparare a disimparare, distrarmi, capovolgere l'attenzione e deviare. Non è facile deviare e non è facile farlo volontariamente. Bisogna allenarsi, saper prendere per buona ogni strada: sbagliandone tante, finendo fuori carreggiata, ma sapendo sempre che ogni strada, ogni occasione potrebbe essere quella buona perchè proprio là, dove c'è il pericolo, nasce e cresce anche ciò che ci salva dall'immobilità. E' con questo principio che scelgo come posizionarmi, di volta in volta, dentro uno spazio fatto di regole e linguaggi, codici condivisi, dove esercito la libertà di tutti quelli che rispettano la mia."
Minerva ha detto…
Che dire? Grazie anche a voi, a Matteo e Fabio per la condivisione della cornice generale - che ben sapete risuona in me - e a Max, che è colui che sento più vicino come prassi e il cui discorso m'ha pacificato, allargato il cuore e dato ulteriore determinazione e speranza per fare meglio ciò che faccio e provarci sempre non cedendo mai. Grazie davvero :-)
Marginalia ha detto…
Minerva cara,
sono in viaggio e mi collego poco, qunado una tappa in luogo propizio me lo permette
Quindi leggo in ritardo il tuo post e quindio forse il mio commento è fuori tempo massimo
Comunque: io per esperienza (chiamiamola "politica" in senso lato), ho sempre dato grande importanza alla pratica dell'ascolto, della condivisione e delo scambio, ma solo quando si è trattato di relazionarmi con esseri umani che sentivo in qualche modo "prossimi" a me. Se la "distanza" è troppa (per intenderci: un/una razzista o sessista convinto/a) neanche arrivo al punto di scontro, metto dei paletti e non ci dialogo. Lo ritengo inutile e solo dannoso per il mio equilibrio (perché generalmente sono discusioni violente che ti tolgono energia) Per alcuni questo è un errore, ma personalmente penso che sia (almeno per me) la "cosa giusta". Le energie che salvo sottraendomi a questo le impiego nel costruire relazioni laddove so che matureranno frutti
un bacio
Minerva ha detto…
Marginalia, che piacere le tue parole! Hai ragione, è ciò che mi stanno consigliando in tanti e che seguirò: non dare adito a perdite di energia nel disperato ennesimo tentativo di dialogo con persone distanti anni-luce - frutti che non possono proprio maturare. Il tempo delle nostre vite è già poco: sprecarlo dietro le violenze altrui è proprio buttarlo via! Buon viaggio, a presto! :-)
Minerva ha detto…
Da Facebook, Matteo G. continua:

"Fabio(lone)@ hai detto cose giustissime, la società sta diventando sempre più una società per cui per vivere devi essere una rotella del meccanismo in ogni sua parte. Le fontanelle sono sparite anche qui, e poi io mi ricordo che da ragazzino non vi erano tutti questi corsi e impegni che hanno i bambini di oggi, eravamo abbastanza liberi di andare in bicicletta in giro per le campagne, mentre oggi i bambini hanno già bisogno di una agenda per gli impegni. E se facevamo a botte, o ci sbucciavamo le ginocchia non andavamo da uno psicologo e dall'avvocato.
Oggigiorno, e negli ultimi anni in maniera esponenziale, la società forgia con maggiore ppressione quelli che dovranno diventare i cittadini di domani. Ogni dittatura, anche questa consumistica chiamata democrazia rappresentativa, ha puntato nel forgiare l'uomo nuovo partendo dai più piccoli. Il risultato sono bambini mediamente apatici, viziati per cui tutto è dovuto, arrivisti e cinici, caratteri vincenti in una società basata sulla competizione."
Minerva ha detto…
Già. Tremenda questa dimensione della competizione in luogo della solidarietà. Sono modelli culturali così introiettati che chi li agisce non se ne rende neanche più conto. Questo è l'aspetto più drammatico della perversione cui siamo stati soggetti negli ultimi decenni.