Gabbie dorate, paura e nuovi rapporti
L’essere umano è un animale sociale. Privo dei mezzi per
garantirsi da sé la propria sopravvivenza – a differenza degli animali che sono
dotati dell’istinto – egli ha bisogno dei suoi simili per imparare a come usare
gli elementi della natura con i quali rispondere ai propri bisogni di primari.
In merito a parte di questi (ripararsi dai nemici, riprodursi), l’animale-uomo
ha inoltre bisogno di appartenere a un qualche ‘noi’ che lo protegga e
costruisce dei sistemi concettuali per giustificare le proprie scelte che lo
diversificano da altri ‘noi’. Ma la scelta dell’appartenenza non è mai libera –
quanto è determinata dall’identità di ciascuno e dalla propria storia
individuale, che a volte si incontra con quella altrui, a volte si incontra
parzialmente, a volte non si incontra. Questo vale anche per i rapporti
affettivi-sentimentali.
Giorgio ha scritto un post quanto mai azzeccato, una volta,
sui diversi
modi di amare e sulle ragioni per cui si sceglie qualcuno piuttosto che
qualcun altro con cui vivere la propria vita. In queste ultime settimane –
forse perché per diverse ragioni sono un po’ più fragile emotivamente, forse
perché sto incontrando tante persone in cui sento risuonare il mio passato –
sto riflettendo sulla paura di vivere che ti porta ad accettare gabbie dorate,
in cui o 1) ti fai stare bene una persona, magari meravigliosa ma che sai che è
sbagliata per te, o 2) ti fai stare bene una relazione, che parimenti non corrisponde a tutto ciò di cui avresti bisogno (diverso però è il caso in cui
entrambe le persone sono consapevoli di non potersi dare tutto ciò di cui hanno
bisogno e si approvano reciprocamente il cercare la soddisfazione di tale
carenza altrove). Ché poi le due cose alla fine coincidono.
Ripenso a quando sono stata io stessa in una relazione del
genere. Era con una persona meravigliosa – e la situazione rassicurante,
protettiva. Mi sentivo al sicuro, amata, curata, rispettata, sostenuta –
addirittura troppo, in alcuni casi, tanto da delegare parte della
responsabilità di me stessa a qualcun altro, o d’avere un difensore a spada
tratta delle mie posizioni. ‘Amata’ – finché fossi stata ciò che l’altra persona
vedeva in me. E io accettavo, e mortificavo desideri di crescita, aspirazioni,
scelte che pur avrei voluto fare per me stessa e avrei fatto – fossi stata da
sola – perché la priorità era salvaguardare quel legame e le aspettative che
un’altra persona aveva su di me. Una gabbia dorata, ma alla fine una gabbia.
Una sorta di sopravvivenza, che appunto ti cautela
dall’assenza di protezione. Siamo animali, e quindi l’istinto alla
sopravvivenza l’abbiamo, ma sopravvivere è così prioritario nel momento in cui abbiamo
anche la facoltà di pensiero e desiderio di orientare le nostre vite nella
soddisfazione delle nostre ambizioni d’essere felici, di stare bene?
Dal momento in cui ho deciso di uscire da quella ‘gabbia’ non
è più stato sopravvivere, ma il prendersi la responsabilità di se stessi e
‘cercare di vivere’. Da quel momento è stato distinguere tra egoismo e amor
proprio – nella ricerca di un difficile equilibrio tra fedeltà a sé, apertura
verso gli altri e costruzione di nuove modalità di relazione.
I colori da tenui sono diventati accesi e contrastati. Le
sensazioni e i sentimenti da tiepidi ad appassionati, intensi, a volte anche
‘animali’. Come cominciare a suonare tutte le ottave di un pianoforte e non
solo quelle centrali, e vedere tutte le sfumature che l’occhio umano può
percepire. Tutta l’intensità, nel bene e nel male. L’intensità nel bene è ciò
cui tendo ogni istante. Quanto a quella del male… a tratti c’è pure quella,
dannazione!
Il male. Quando è lieve, è solo l’assenza di un
interlocutore cui raccontare ciò che ti accade, ciò che pensi e che senti.
Quando è più grave è la paura, l’insicurezza, la fragilità, i momenti in cui non
c’è nessuno a proteggerti oppure in cui crolli e pensi che non ce la farai. Perché
una scelta di vita – e non di mera sopravvivenza – si porta anche dietro il
rischio della perdita di sé e/o dell’autodistruzione.
Risuonano sempre in me le parole di Herzog, il quale dice
che “non abbiamo più nessuna
esperienza elementare nel nostro tipo di civiltà, come fame, paura, o essere
imprigionati, o sofferenza”, così come quelle di Nietzsche secondo il
quale “bisogna avere un caos dentro di sé, per generare una stella danzante”. Credo
fortemente a entrambi.
Ma ciò che mi chiedo è se non sia possibile – nell’attesa di
incontrare una situazione così perfetta da saturare tutte le carenze –
rimediare all’assenza di qualcosa che mi protegga con la ricerca di altri che
come me abbiano compiuto questa scelta di verità e coraggio, e con l’invenzione
di nuove modalità di relazione che diano forma a nuovi ‘noi’.
Nuovi ‘noi’ – forse più fluidi, forse più temporanei, forse
meno basati prioritariamente sulla paura – che diventino anche (ma non siano solo) sistemi di protezione in cui non solo
sopravvivere, ma vivere.
E’ tutta questa riflessione mi sembra così strana,
sconcertante, ma anche ‘calda’ perché in qualche modo ho come la sensazione che
ciò, al di fuori della mia specifica esperienza, stia già accadendomi intorno –
come quando un serpente fa la muta e si libera della vecchia pelle. E voglio credere che non
sia solo la mia illusione dettata dal bisogno che in questo momento avrei di un
‘noi’ che mi protegga – mentre sto cercando con le unghie e con i denti di
lottare per vivere, ogni giorno, malgrado il malessere personale, malgrado ciò
che accade nel mondo là fuori, e malgrado la sensazione d’essere sempre disallineata
da tutto.
Commenti
A volte sale forte e urgente il bisogno anche solo di raccontare e condividere, se non proprio di essere consolati, il bisogno se non proprio di amori di "amicizie del cuore". Ma si finisce quasi sempre col cercarlo nelle persone sbagliate, e ci si beccano legnate sui denti. Ma forse ne diamo in egual misura di quelle che riceviamo.
Ci sarebbe da parlarne per ore, ma in definitiva penso che più si crede nell'amore, più si cerca l'illusione dell'anima davvero gemella, più ci si rende conto che il vero nome del dio dell'Amore è quello inventato da Stefano Benni in un suo vecchio racconto: Amikinontama Nonamikitama (scritto in modo un po' diverso...)
Perché se è vero che nella mia vita i miei slanci più disperati e sinceri sono quasi sempre stati dolcezza sprecata, devo anche ammettere che, quasi sempre, quando è un'altra persona a volermi troppo intensamente io... scappo! Perché mi sento minacciato e in trappola.
In generale, poi, disallineato dal mondo lo sono sempre. Anche perché mi fa orrore il fatto che questo altro Noi protettivo che evocavi serve sempre a proteggerci... da altri nostri simili con sembianze di lupo... e anche 'sto noi finisce sempre col diventare, a modo suo, alquanto lupesco... e allora meglio starne fuori, stare fuori da tutto...
Scusa per il commento insensato e sfilacciato: ci sono volte che prendi escrivi, e non sai bene nemmeno tu che cazzo dici... :-))
Rispetto al "commento insensato e sfilacciato", lo sento in linea col mio post - quindi no problem :-))
ma alla fine qual'è la scelta giusta o sbagliata?
bisogna viverla sulla propria pelle per capirlo.
ho scelto di essere senza adattarmi (troppo); ho scelto la responsabilità di me ed anche un sano narcisismo; ho scelto che non mi accontento; indirettamente ho scelto la solitudine di chi non accetta volentieri i compromessi-
Ma va bene, me ne voglio.
Bel post Minerva
@ shadow: già, chissà perché queste scelte si tramutano automaticamente in solitudine. Ma io continuo a pensare che prima o poi "qualcuno entrerà nella mia vita e realizzerò di colpo perché non ha mai funzionato con nessun altro" :-D
@ Chicca: anche io cammino su quella soglia scivolando continuamente da una parte e dall'altra. A volte mantengo l'equilibrio, a volte cado e mi rialzo. L'importante - sono d'accordo con te - è non cedere al pensiero di crearsi una corazza a propria protezione, se no rischiamo di perderci anche tutte le cose (e le persone) meravigliose che potremmo incontrare! Ti abbraccio forte :-)
buona giornata :D
Fa parte del mio bisogno di tenere tutto sotto controllo.
Scusami ma sento che mi appartiene poco un post del genere...Passano i giorni e la possibilità di andarmene da questo Paese (Italia) inizia a farsi insistente, nuove possibilità di vita, nuovo lavoro.
Per questo sono indeciso sul fatto di intrattenere rapporti con chiunque perché potrebbe essere un ostacolo.
Ora il mio pensiero...la parola 'gabbia' mi soffoca, mi sento intrappolata!!!...rifuggo da tutto ciò che mi opprime e sopprime!!....credo che il 'noi' del compromesso è solo una non accettazione del 'io sono'!! Attualmente sono in una fase in cui il mio 'io' non deve essere assolutamente calpestato, bistrattato o peggio ancora coccolato per compiacere chi non mi aggrada! Allo stare in gabbia e non poter cantare preferisco, di gran lunga, stare all'aria aperta e gridare a squarcia gola: 'Io sono!!'...e non è per egoismo, ma solo per il grande rispetto che devo avere verso me stessa!!!
Ciaoooooooo
@ Cavalier Amaranto: ti capisco perfettamente. Fai quello che senti, se va bene, ottimo, e se va male ricordati che non ci sono mai scelte sbagliate: ci sono semplicemente 'scelte'. E quelle che riguardano il movimento sono sempre revocabili. In bocca al lupo! :-)
@ intherainbow: il tuo è 'amor proprio' - una cosa sana che con l'egoismo non ha nulla a che fare, e che già oggi può benissimo armonizzarsi con gli altri. Altri che ovviamente capiscano, accettino, e condividano ciò che tu sei - cosa che farai anche tu con loro. Ti abbraccio :-)
Posso chiederti se in pratica ci riesci?
Io non ho aspirazione alla 'fluidità' come mi pare tu l'abbia intesa - forse non mi sono spiegata bene :-)
Io sono più che altro consapevole che ogni istante/esperienza della nostra vita ci cambia, e non è detto che ci cambi in un modo tale che coloro che stanno intorno a noi siano disposti ad accettare. Nelle relazioni sentimentali, poi, quanto frequente è il tradimento, per es., in cui si sta ipocritamente dentro situazioni di comodo, consolidate, date per scontate e poi se ne aprono di nuove per rivivere quelle sensazioni vitali che ci sono venute a mancare?
D'altra parte ciascuno di noi ha bisogno di 'altri' intorno per sentirsi protetto, per combattere la paura anche di vivere, per non sentirsi solo (se questo appunto è per lui un problema) e via dicendo. Ma quella per me è forte ipocrisia, e io non posso tollerare le finzioni, piuttosto mi assumo la responsabilità e l'onere della solitudine.
In pratica ci riesco, sì: nel tempo ho individuato persone con le quali s'è costruita un'amicizia che ha sapore di 'famiglia' - ma una famiglia libertaria, solidale e non giudicante.
E rispetto alle relazioni sentimentali, non ho interesse a renderle 'fluide' nel senso che mi pareva tu avessi capito.
Significa piuttosto che se sono single, vivo ciò che desidero concordandolo di volta in volta con la persona con la quale sono con le 'regole' di relazione che ci diamo per rendere questo rapporto una cosa felice e che faccia stare bene entrambi, mentre se ho una relazione continuativa a questo si aggiungono anche regole concordate che riguardano potenziali aspettative - perché in questo caso si sviluppano magari sentimenti che non si esauriscono nel 'qui' e 'ora' ma vanno oltre e si proiettano nel futuro.
Non so se mi sono spiegata, ma spero di sì :-)
Il rispetto reciproco è la premessa e - visto che non mi innamoro affatto ogni due secondi - ciò significa anche lunghi periodi di solitudine con tutti i risvolti anche drammatici di questa. O significa esaurire/chiudere in modo 'pulito' - ovvero senza altre persone di mezzo - relazioni che in parte non funzionano più.
Come vengo vista dagli altri? Con invidia (perché riesco a stare bene anche da sola senza mettermi dentro finzioni), con inquietudine (perché appunto sono considerata una coraggiosa di contro alla vigliaccheria e al'ipocrisia imperanti), come una libera ma rigorosa. Sostanzialmente come una persona integra/pulita/forte e sì: ciò può essere ragione di paura e distacco. Amen.
Quando trovo la persona che sta dentro questo mio modo di essere che è pure il suo, sono però sempre relazioni di rara intensità e profondità, mai banali, mai finalizzate al quieto vivere - bensì al vivere bene e all'essere felici ;-) Preferisco così, piuttosto che il quieto vivere nell'ipocrisia propria del mondo che mi circonda.
innanzitutto grazie della tua risposta.
E' possibile che come capita spesso, io abbia adattato il tuo post alla mia situazione, travisandolo leggermente; comunque, non sono sicuro che ci siamo capiti sul significato di questa misteriosa fluidità, quindi cerco di spiegarmi meglio :)
Io avevo inteso questo tuo stato come un risultato del tuo desiderio di vivere ed esprimerti con spontaneità; un'accettazione della fluidità e temporaneità dei propri stati d'animo, che rifugge dalla paura di stare soli e dalla conseguente tendenza a costruire situazioni comode ma non ideali.
Giusto fin qua? :)
Se così è, sarebbe un'idea che condivido molto.
Tuttavia, come ti dicevo, trovo difficoltà a metterla in pratica perché mi sembra che la maggior parte delle persone vada in crisi quando si esce fuori dagli schemi di ciò che è socialmente codificato e condiviso.
Facciamo un esempio pratico, lasciando da parte le relazioni amorose: supponiamo che io diventi interessato a vedere spesso una certa persona dell'altro sesso. Supponiamo anche che non sia presente particolare attrazione fisica da parte mia, o che se c'è non sia il motivo principale per vedere quella persona: il motivo è che sono interessato a scambiare idee e sensazioni con lei.
Ebbene, noto spesso con rammarico che se il rapporto non segue una delle due vie note e codificate dell'amicizia o del corteggiamento, entrambe lastricate di convenzioni da rispettare, mando l'altra persona in crisi, e ho la sensazione che dall'altra parte il pensiero sia "se è solo amicizia, perché mi cerchi più dello stretto necessario? se non lo è, ti sarai mica già innamorato di me? ciò mi opprimerebbe".
Il risultato finale è che altro che fluidità e spontaneità, spesso più sono spontaneo e più faccio fuggire... e mi fa arrabbiare così tanto che le poche volte che ho usato stratagemmi orrendi tipo scomparire all'improvviso per un po', ho ottenuto invece un rafforzamento dei legami... in realtà credo che avrei meritato quanto meno più attenzione nel primo caso e un calcio nel sedere nel secondo, e invece ho raccolto il contrario :)
Scusa per il lungo commento, spero di essere stato più chiaro... magari rimpinguo un po' il mio inesistente blog con qualcosa sull'argomento.
un saluto
Sì, ho notato anche io la dinamica che tu sottolinei - credo stia nell'abitudine che abbiamo a specifici modelli di 'corteggiamento' piuttosto che altri, che si riversano in vere e proprie strategie.
Beh, sinceramente io aborro tutto ciò: se le persone si comportano con me attraverso questi atteggiamenti sono la prima che perde interesse proprio perché ne riconosce la stereotipicità, così come se invece non stanno dentro quello che è la mia spontaneità, vuol dire che non erano le persone giuste e pazienza ;-)
Sono un po' dura in merito, ma proprio perché cerco sempre qualcuno che sia giusto per me, per come sono fatta io, e quindi, se è uno che 'gioca' in modo stupido, no: non fa per me.
Sono serenamente disposta a stare sola, come alternativa, ma comunque non lo sono mai a lungo (e credo che nessuno di noi lo sarebbe, se ci si impegnasse tutti a far cadere le maschere con cui ci proteggiamo dal mondo, che di gente bella intorno ce n'è, solo che non ha coraggio!).
Buon pomeriggio, perdona la risposta stringata, ma sono sempre felicemente incasinatissima di lavori, passioni e pasticci vari :-D
Figurati, anzi grazie delle risposte e buona serata incasinata :)