Allineamenti









"I feel that I'm closed to the centre of things".
Questa frase era il titolo di un'intervista a Werner Herzog che lessi vent'anni orsono, tratta da una sua risposta quando il giornalista gli chiese un bilancio provvisorio della sua vita in quel momento.

Io non lo so se sono vicina al centro delle cose. Di certo i miei occhi e le mie orecchie sono più aperti rispetto ad alcuni anni orsono, e a guardare e ascoltare a oltranza - senza paura e quindi senza chiusure per il timore del dubbio - si impara. Ma, soprattutto, si sviluppa l'intuizione, checché ne dicano i miei rari detrattori.

Davanti ai miei occhi si compongono strutture di atomi in molecole e sistemi biomeccanici complessi, al punto che sempre - mentre mi muovo, parlo, sto in relazione - vivo le due visioni (quella reale e quella mentale) contemporaneamente.

Le intuizioni trovano poi conferma nei risultati della ricerca prodotta in ambiti disciplinari distanti da quelli della psicologia, della sociologia, dell'antropologia. Chimica, fisica, biologia, neuroscienze, medicina - qui le ricorrenze più frequenti tra ciò che 'vedo' e come sembra funzioni l'esistente.

Vedere più in là - su tempi è più lunghi e spazi più ampi - è però una pena. Si va fuori-sincrono e fuori-luogo rispetto al contesto del presente. E perciò se ne soffre il disequilibrio, e a propria volta il contesto non ti lesina violenze per espellerti come organismo estraneo.

Poi può capitare che si trovi un tempo e un luogo in cui hai la sensazione che, mentre percorri come un funambolo una corda, tutta l'aria che hai intorno si trasformi in un'energia potentissima che fa massa critica per sostenerti, per cui percorri la corda con grazia e sicurezza, certa che non cadrai, in perfetta armonia.

Per un po' ci sono, e vorrei trovare il modo per rimanerci. Ma non so cosa mettere in gioco di mio perché questo contesto ne goda e mi sorrida...




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